venerdì 27 gennaio 2012

Libertà e giustizia correnti di partito e alleanze di governo


Ad un anno dall’inizio delle rivolte in Egitto, si è riunita al Cairo per la prima volta l’Assemblea del Popolo. Il nuovo Parlamento nasce con poche sorprese e tante conferme: solo sette donne deputato e sette parlamentari copti. “Libertà e giustizia”, unico partito dei Fratelli musulmani, ha  ottenuto un grande successo con il 45% dei voti e 230 su 508 seggi. A partire dai congressi costitutivi di “Libertà e giustizia” dello scorso aprile, si sono moltiplicate le inaugurazioni di sedi di partito, librerie e sale conferenze del movimento.
Tuttavia, la Fratellanza non è un monolite. Da una parte, la componente conservatrice si riconosce in Essam El-Arian, medico, tra i fondatori del partito, e Khayrat Shater, scarcerato nel febbraio scorso, responsabile dell’ufficio economico. Mentre l’altro uomo forte della vecchia guardia, Saad al-Katatny, è stato eletto, con un’ampia maggioranza, nuovo presidente della Camera. Proprio Katatny e il liberale Amr Hamzawi hanno chiesto di aprire una commissione di inchiesta sull’uccisione dei manifestanti nel 2011. D’altra parte, l’ampia componente riformista si riconosce nel medico, Moneim Aboul Fotuh, candidato indipendente alla presidenza della Repubblica. Si tratta soprattutto dei giovani de “La corrente”, parte della coalizione “Rivoluzione continua”. Politico carismatico, formalmente espulso dalla fratellanza dopo aver dichiarato l’intenzione di formare un partito riformista, Fotuh è l’unico tra gli islamisti ad aver sottolineato, dopo il voto, quanto la Rivoluzione non sia ancora “compiuta”.
A questo punto, “Libertà e giustizia” valuta un’alleanza con i liberali per la formazione del governo di trasizione, guidato dal primo ministro Kamal al-Ganzuri. Da una parte, gli uomini d’affari islamisti del Wasat (centro), partito che ha chiesto la legalizzazione negli anni ’90, hanno ottenuto pochi seggi. D’altra parte, sembra improbabile un accordo con il “Blocco Egiziano”, coalizione di cui fa parte l’ex imprenditore di Telecom Orascom, Naguib Sawiris. Questo cartello elettorale ha polarizzato il voto dei cristiani copti, ma ha ottenuto solo il 7% (45 seggi), inclusi i deputati di “Sviluppo e Riforma”, vicini a Mohammed el-Baradei. Tanto che l’ex direttore dell’Aiea ha annunciato il ritiro della sua candidatura alle presidenziali. E così, anche se “Libertà e giustizia” avrebbe i numeri per un esecutivo monocolore, si andrebbe verso un accordo di governo con i liberali del Wafd. Altro partito della nomenclatura, già alleato con la fratellanza nel 1984, il Wafd ha ottenuto solo il 7% dei voti.
Tuttavia, la vera novità politica di questo Parlamento sono i salafiti del Nour (Luce), secondo partito in Egitto, con il 21% dei voti e circa 121 seggi. El-Nour nasce da una rete di movimenti che include Da'awa Salafia di Alessandria, Ansar el-Sunna e gamaat al-islamya, associazioni universitarie responsabili dell'uccisione di Anwar Al-Sadat nel 1981. Nati dalla scissione con i Fratelli musulmani negli anni ‘70 sui temi dell'uso della violenza e la partecipazione politica, hanno subito una dura repressione durante il regime di Mubarak. A questo punto, se “Libertà e giustizia” punterà sulla sicurezza, lo sviluppo economico e su una visione “dinamica” della legge islamica, che preveda uno stato civile con riferimenti alla religione; i salafiti spingeranno sull'applicazione della sharia nella legge ordinaria. Ma i politici del Nour sono ancora inesperti. Resta aperto nel partito il dibattito sui diritti delle donne, di copti e sufi, la legislazione sugli alcolici e la formazione di una polizia religiosa.
Infine, i partiti di sinistra, “Rivoluzione continua” e “Giustizia”, hanno ottenuto solo sette deputati, pagando frammentazione e la richiesta di boicottaggio del voto. Mentre, gli ex uomini del partito di Mubarak, eletti tra gli indipendenti, hanno ottenuto solo pochi seggi e sosterranno l’ex premier Ahmed Shafiq, come candidato alle presidenziali.
Dal canto suo, l’esercito ha limitato le prerogative parlamentari annunciando la formazione di un Consiglio di controllo permanente dell’attività parlamentare. Inoltre, ha procrastinato la riforma costituzionale indicendo il Referendum dello scorso 19 marzo. Infine, ha forgiato una legge elettorale che ha favorito i movimenti già radicati sul territorio. Tuttavia, non sembra che i militari vogliano un controllo quotidiano dell’attività parlamentare. E in questo senso, va letto l’annuncio del maresciallo Hussein Tantawi, alla vigilia delle celebrazioni per il 25 gennaio, sulla fine dello stato d’emergenza e il rilascio di centinaia di attivisti. A questo punto, “Libertà e giustizia” si trova di fronte alla prova del governo del Paese. E’ presto dire quale conseguenza l’attività politica avrà sull’impegno sociale della fratellanza e fino a che punto gli islamisti sapranno promuovere un discorso politico indipendente dal Consiglio militare.

Giuseppe Acconcia
giovedì, 26 gennaio 2012

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