lunedì 17 ottobre 2011

Il movimento riformista iraniano

La vittoria di Ahmadinejad alle elezioni presidenziali iraniane del 2005 ha chiarito il fallimento del movimento riformista iraniano. In realtà si è trattato di un lento processo di intimidazione ed esclusione dai centri del potere che ha reso i riformisti incapaci di ridimensionare il ruolo dei religiosi conservatori nelle istituzioni rivoluzionarie. Tuttavia, Khatami, tra il 1997 ed il 2005, ha appoggiato istanze di modernizzazione della società iraniana con le quali la leadership conservatrice deve confrontarsi.



Rivoluzione Islamica e gruppi politici negli anni ‘90

Nel 1987, l’ayatollah Khomeini, approvò la dissoluzione del partito della Repubblica Islamica, da lui fondato subito dopo la Rivoluzione. Da quel momento la leadership religiosa rivoluzionaria si è divisa in quattro correnti politiche, le uniche ad avere accesso in Parlamento. Sono da inquadrare tutte nel sistema islamico, sostengono l’ideologia rivoluzionaria e la velayat-e faqih, il governo dell’esperto di diritto islamico, massimo risultato della Rivoluzione Islamica. Tuttavia, propongono delle interpretazioni diverse della legge islamica sebbene queste differenti vedute sottendano spesso rivalità personali. In base ad una terminologia consolidata si fa riferimento alla Chap-e eslami (sinistra islamica) alla Chap-e modern (sinistra modernista) alla Rast-e sonnat (destra tradizionale) e alla Rast-e modern (destra modernista).


Il gruppo più rappresentativo della Rast-e sonnat è l’Associazione del Clero Militante (Ruhaniyat Mubarez). Questo gruppo controlla il Consiglio dei Guardiani e l’Assemblea degli Esperti. Inoltre, rilevanti sono le connessioni tra l’ACM e una parte sostanziale dei mercanti del bazar. Il leader del gruppo è l’Ayathollah Mohammad Reza Mahdavi-Kani. Questo gruppo sostiene lo status quo post rivoluzionario e l’appoggio delle classi disagiate tramite forme di solidarietà pietistica; è contrario al pluralismo politico e alla libertà di espressione, è per un’economia chiusa che mantenga i privilegi acquisiti dai mercanti del bazar. Resalat è il quotidiano controllato dal movimento.


La destra modernista (Rast-e modern) ha come gruppo maggiormente rappresentativo i Servi della Ricostruzione. Questa formazione è apparsa sulla scena politica nel 1996 e ha come leader indiscusso Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, Presidente della Repubblica Islamica dal 1989 al 1997 e attuale Capo del Consiglio per la Determinazione delle Scelte. Sono definiti “tecnocrati”: perseguono riforme economiche che permettano la modernizzazione del paese, sono sostenuti da uomini d’affari e industriali della classe media. Hamshahri è il quotidiano controllato dal gruppo.


Tra il 1980 ed il 1992 la Chap-e eslami, la sinistra islamica, ha avuto la maggioranza parlamentare. Dopo il 1992 la corrente è stata fortemente osteggiata dai due gruppi di cui sopra. La Società del Clero Combattente è il gruppo più importante. Ne hanno fatto parte: Mohtashemi-Pur e Musavi-Khu’iniha, sostenitori dell’esportabilità della Rivoluzione Islamica e l’ex presidente Khatami. Il leader del gruppo è Kharroubi, ex presidente del Parlamento. Un altro gruppo della corrente è l’Organizzazione dei Mojahedin della Rivoluzione Islamica, fondata nel 1979 ed erede della componente istituzionale dei Mojahedin.


Chap-e modern è l’altra corrente del sistema politico iraniano. Il gruppo di riferimento più forte è l’Unione per la Difesa dei Valori della Rivoluzione Islamica, nato nel 1996 con la guida di Mohammad Mohammadi Rayshahri. Il gruppo propone egualitarismo e repressione dei dissidenti. Gli ayatollah ultraconservatori Dehnamaki e Jannati ne fanno parte. Numerosi sono, inoltre, gli accordi e le cooperazioni con l’Associazione del Clero Militante.



L’ascesa del movimento riformista iraniano

Le due presidenze Rafsanjani (1989-1997) avevano sostenuto alcune aperture economiche e la fine dell’isolamento internazionale. I religiosi conservatori più estremisti venivano trasferiti nelle Fondazioni, nelle forze paramilitari e nel settore giudiziario. Tuttavia, per il basso prezzo del petrolio, la moneta si è gradualmente indebolita causando un forte aumento dell’inflazione tanto che la popolarità di Rafsanjani venne fortemente intaccata.


Nel 1997, il Consiglio dei Guardiani non permise a Rafsanjani di candidarsi per la terza volta alla carica di Presidente della Repubblica. Le elezioni del 1997 hanno registrato una straordinaria partecipazione popolare. L’80% degli aventi diritto si è recato alle urne. Khatami vinse con il 69% dei voti. Solo le province del Lorestan e del Mazandaran avevano visto prevalere Nateq-Nuri rispettivamente con il 52, 5% ed il 51,6% dei voti. Nelle province di Yazd, Busher, Fars, Ilam, Khuzestan, Teheran, Sistan e Balucestan, Khakiluye e Gilan, Khatami aveva ottenuto più del 75% dei voti.


Khatami, filosofo e teologo, studente a Qom, negli anni ‘70 ha sostenuto l’opposizione al regime dello Shah appoggiando Khomeini allora in esilio. Tra il 1978-79, Khatami ha diretto il Centro Islamico ad Amburgo. Con il rientro di Khomeini in Iran, Khatami è divenuto parlamentare. Nel 1982 è stato nominato ministro della cultura ed è stato confermato anche dopo l’elezione di Rafsanjani. Nel 1992, durante il governo Rafsanjani, Khatami ha presentato le sue dimissioni da ministro della cultura, criticando aspramente le restrizioni alla libertà di espressione in Iran. Negli anni successivi ha ricoperto la carica di Direttore della Biblioteca Nazionale di Teheran fino alla candidatura alle elezioni presidenziali del 1997.

“Il nostro movimento crede fermamente nella compatibilità tra religiosità e libertà come tra Islam e democrazia. Il nostro movimento esprime il suo legame con gli ideali autenticamente democratici della Repubblica Islamica. Sostiene i diritti pubblici e incoraggia le libertà fondamentali e le riforme in ogni ambito, dall’economia alla scienza, alle relazioni internazionali. I concetti di religiosità, libertà, indipendenza e progresso della nazione erano nella mente della gente e si erano manifestati nella trionfante Rivoluzione Islamica. Tuttavia, numerosi ostacoli si sono frapposti al raggiungimento di questi obiettivi. Una parte delle richieste legittime della gente non si è concretizzata. Questo ha peggiorato il senso di sconfitta e di fallimento tanto da interiorizzare l’idea che mai le richieste della gente si sarebbero trasformate in fatti”. (Khatami: dichiarazioni della campagna elettorale del 1997)



Il primo governo Khatami

Il primo governo Khatami era in continuità con i suoi predecessori. Infatti, cinque ministri del governo Rafsanjani venivano confermati. Inoltre, il ministro della difesa restava nelle mani della destra tradizionalista. Tredici ministri venivano scelti, invece, tra le fila della Società del Clero Combattente. Il nuovo Ministro degli esteri Kharrazi, ex-ambasciatore all’Onu, prese il posto di uno degli uomini più vicini alla Guida Suprema, Velayati; il ministro degli interni Nuri e della cultura Mohajerani venivano scelti tra uomini vicini a Khatami.


Il movimento di Khatami venne definito Dovom-e Khordad, lett. 23 maggio, il giorno della vittoria elettorale. I tre gruppi principali a sostenere Khatami furono la Società del Clero combattente, Mosharekat e Mojahedin Enghelab-e eslami. La Società del Clero combattente sosteneva un addolcimento delle pressioni della leadership conservatrice riducendo il coinvolgimento del clero sciita nei vari centri di potere politico ed economico. Masharekat, il maggiore gruppo riformista, il cui leader è il fratello di Khatami, Reza, è un gruppo di laici, intellettuali e docenti universitari. Il gruppo sosteneva il ridimensionamento del ruolo del Consiglio dei Guardiani e riforme sostanziali per la democratizzazione della Repubblica Islamica. Mojahedin Enghelab-e Islami, guidato da Bezad Natavi, sosteneva un superamento sostanziale del principio di velayat-e faqih.


Inoltre, a sostenere il movimento riformista si formò un insieme variegato di intellettuali religiosi riformatori che proponevano una svolta nelle relazioni tra potere religioso e gestione politica. Sorush, ex docente di filosofia dell’Università di Teheran, denunciava l’invasione della componente islamica sulla società iraniana a discapito delle radici persiane ed occidentali. Khadivar, docente di teologia all’Università di Qom, sosteneva una transizione democratica per limitare il ruolo del clero nella gestione politica. Eskhevari, teologo, sosteneva la separazione tra stato laico e gerarchie religiose sciite. Anche l’ayatollah Montazeri, uno dei più importanti ayatollah del paese, si era espresso a sostegno dell’azione riformista denunciando ogni forma di ostruzionismo da parte della componente tradizionalista.



Le novità del riformismo

Soprattutto i primi anni di governo Khatami hanno introdotto cambiamenti in Iran nel rispetto del diritto, nelle libertà civili ed individuali, nella formazione della società civile, nella libertà di stampa, nelle piccole riforme economiche nell’indizione delle prime elezioni amministrative del 1999 e nella generale azione di distensione nelle relazioni internazionali.

“Ogni forma di convinzione deve avere natura legale e la gente deve sentirsi obbligata a giustificare le proprie azioni agli occhi dell’opinione pubblica. Questo governo è orgoglioso di avere facilitato lo spirito critico. A causa del nostro passato dispotico non siamo inclini alle critiche. La società, in particolare non deve restare indifferente quando la libertà è intaccata in nome della democrazia” (Khatami, dichiarazioni 2000).


Il Riformismo ha sostenuto lo sviluppo della società civile iraniana laica e religiosa incoraggiando il pluralismo dell’informazione, l’associazionismo, l’attivismo universitario. Importanti risultati sono stati ottenuti, poi, nella modernizzazione dei costumi quotidiani, soprattutto in ambiente urbano. Non fa più scandalo vedere bar aperti fino a tarda notte con ragazzi e ragazze seduti a discutere. Completa libertà è lasciata nella vita privata, volto nascosto dell’ipocrisia pubblica.


I riformisti hanno puntato, poi, sulle leggi amministrative. Nel 1999 si sono tenute le prime elezioni dei Consigli locali in Iran. Questo ha ampliato la partecipazione democratica e ridisegnato l’assetto amministrativo e le relazioni tra stato e amministrazioni locali. Le prime elezioni amministrative segnarono la significativa affermazione dei riformisti. Tuttavia, i Consigli locali non posseggono ancora una vera e propria autonomia finanziaria e poteri definiti.


Khatami ha dovuto fronteggiare l’abbassamento dei prezzi del petrolio che nel 1998 toccava i 12$/b. Le misure prese dal governo per contenere l’inflazione hanno condotto l’economia in uno stato di recessione. Tutti i piani programmatici sono saltati. Solo nel 2000 i riformisti hanno tentato di arginare le restrizioni agli investimenti stranieri introducendo contratti di buyback: il finanziamento delle attività di estrazione da parte di una compagnia straniera ed il pagamento finale da parte delle autorità iraniane solo dopo la vendita. Inoltre, sono state create aree di libero scambio sul modello cinese. Infine, sono state avviate riforme del settore bancario con la privatizzazione di alcuni istituti di credito promovendo una maggiore trasparenza finanziaria.



La censura delle riforme

Nei primi due anni di governo Khatami, gli oppositori tradizionalisti hanno esitato nelle azioni di contrasto. Tuttavia, tra il 1998 ed il 1999, l’opposizione ha assunto varie forme. In primo luogo, il Consiglio dei Guardiani ha boicottato il Parlamento annullando la quasi totalità delle leggi approvate. Inoltre, chiunque si definisse riformista ha subito diffamazioni ed intimidazioni. I gruppi paramilitari controllati dalla destra tradizionalista hanno represso manifestazioni studentesche, imposto la chiusura di quotidiani riformisti, compiuto attentati contro intellettuali e cariche prominenti del movimento. Infine, il basso prezzo del petrolio ha contribuito all’aumento dell’inflazione e della disoccupazione rendendo complesso il pagamento degli interessi sul debito estero e fomentando accuse di incapacità nella gestione economica del nuovo governo.


Giovani e studenti, 2/3 della popolazione iraniana, hanno fortemente sostenuto il movimento riformista. La chiusura del quotidiano riformista Salam causò le manifestazioni universitarie del 9 luglio del 1999. I gruppi paramilitari ansar-Hezbollah e basiji sono penetrati nei dormitori, hanno ucciso ed arrestato centinaia di studenti. Il giorno seguente migliaia di studenti e gente comune sono scesi in piazza chiedendo la dissoluzione degli ansar-e Hezbollah, la subordinazione delle forze di polizia al Ministero degli Interni, punizioni per i responsabili delle morti di studenti. Le proteste si sono estese nelle principali città iraniane. L’11 luglio Khatami ha condannato gli attacchi mentre il ministero degli interni ha proibito ulteriori manifestazioni.


Nel 1999 è stato dato, poi, un duro colpo alla libertà di informazione. Con le accuse di “atti che non rispondono a verità”, “diffusione di false opinioni”, “attività anti-islamica”, sono stati chiusi quotidiani vicini al movimento riformista. Particolarmente grave la chiusura di Khordad avvenuta dopo la pubblicazione di dossier su religiosi della destra tradizionalista. Il Ministro dell’Interno Nuri, proprietario del quotidiano, è stato condannato a cinque anni di prigione. In una sola notte sono stati chiusi 70 giornali. L’obiettivo di queste chiusure era di bloccare anche il Ministro della Cultura Mohajerani che autorizzava la riapertura dei quotidiani chiusi sotto altro nome. Per le intimidazioni ricevute Mohajerani si è dimesso. Pochi mesi dopo anche il Ministro degli Interni è stato costretto a dimettersi.


Anche intellettuali ed attivisti hanno sostenuto il movimento riformista. Le prime censure al loro operato risalgono al 1998 con l’uccisione di Dariush Foruhar, leader di un gruppo semilegale, il Partito della Nazione iraniana, e di sua moglie. Pochi giorni dopo venne ucciso Majid Sharif, un giornalista. Le morti hanno colpito decine tra scrittori ed attivisti che avevano promosso un documento per la libertà di espressione durante il governo Rafsanjani. Per il perpetrarsi di queste morti, Khatami ha nominato una Commissione di inchiesta. Pochi giorni dopo, il Ministero dei servizi segreti ammetteva di essere coinvolto nelle uccisioni. Khatami è riuscito a rimuovere il Ministro dei servizi segreti Najafabadi ed a nominare Ali Rabi’i come successore.


Nonostante questi fatti, le elezioni parlamentari del 2000 hanno ulteriormente rafforzato il sostegno popolare al movimento riformista. Il Consiglio dei Guardiani ha dichiarato non idonei soltanto il 10 % dei candidati riconducibili alla coalizione Dovom-e Khordad. Tuttavia, questa ulteriore affermazione ha reso ancora più incisiva l’azione di censura della destra tradizionalista.


Nel 2001, Khatami ha deciso di candidarsi nuovamente per la carica di Presidente della Repubblica ottenendo una vittoria schiacciante, il 78% dei consensi.


Solo nell’estate 2002, il governo ha compiuto un nuovo passo proponendo due testi di legge: uno prevedeva il ridimensionamento del Consiglio dei Guardiani che avrebbe dovuto perdere il controllo preventivo sui candidati alle elezioni, l’altro concedeva al presidente il potere di sospendere le decisioni del sistema giudiziario, controllato dalla Guida Suprema.



I segnali di distensione nelle relazioni internazionali e l’intransigenza occidentale

Khatami ed il Ministro degli Esteri Kharrazi hanno perseguito un chiaro tentativo di distensione nelle relazioni internazionali. I nuovi colloqui con l’Arabia Saudita in tema di quote petrolifere e nella lotta al terrorismo sono stati i risultati principali del nuovo corso della politica estera iraniana. Inoltre, i solidi legami con la Russia e l’apertura alle Repubbliche ex sovietiche hanno rafforzato le relazioni regionali anche riguardo alle questioni della partizione del mar Caspio e del trasporto di gas naturale.


D’altra parte, i riformisti hanno avuto all’inizio un timido appoggio da Ue e Stati Uniti. Tuttavia, lo stato di accerchiamento, dopo la caduta dei talebani in Afghanistan e del Baath in Iraq, e la crisi nucleare hanno aggravato la fase di stallo del movimento riformista.


Dopo la vittoria dei riformisti, infatti, l’Unione europea ha avviato un “dialogo critico” con il governo iraniano. Sono stati siglati importanti contratti tra Eni, Total, Elf e Teheran per l’estrazione del petrolio iraniano. Tuttavia, la questione nucleare ed il deteriorarsi nel rispetto dei diritti umani hanno costituito fonte di tensione tra Iran e governi europei. Nell’ottobre del 2003, i ministri degli esteri di Francia, Germania e Gran Bretagna, la cosiddetta troika, hanno avviato colloqui con Teheran per bloccare l’intenzione iraniana di sviluppare tecnologie nucleari. Tuttavia, da una parte, la leadership rivoluzionaria conservatrice ha utilizzato il tema nucleare come fonte di coesione ideologica interna, dall’altra, i riformisti sono apparsi poco efficaci, si sono espressi, infatti, a favore dello sviluppo di tecnologie nucleari tentando di raggiungere un compromesso con la comunità internazionale.


Con la vittoria dei riformisti e le prime aperture dei paesi europei, anche l’amministrazione Clinton ha manifestato qualche intento di riavvicinamento verso l’Iran. Il Segretario di Stato Madeline Albright ha espresso il suo rammarico per l’intervento sei servizi segreti americani nel colpo di stato che ha allontanato dal potere Mossadeq nel 1953. Tuttavia, dopo l’11 settembre 2001, l’amministrazione Bush ha indicato l’Iran tra i paesi accusati di “sostenere il terrorismo internazionale, avere legami con al Qaeda, produrre armi di distruzione di massa”, far parte dell’ “asse del male” assieme ad Iraq e Corea del Nord. L’amministrazione Bush ha, inoltre, confermato l’Ilsa, Iran Lybia sancion Act (1996), legge che ha come obiettivo l’isolamento commerciale della Repubblica Islamica tramite sanzioni alle aziende che intendessero promuovere ingenti investimenti in Iran. Questi atti hanno dato un colpo fatale alla credibilità del riformismo come movimento di cambiamento e favorito la vittoria dei radicali alle elezioni del 2005. Nonostante ciò il governo riformista ha continuato a dimostrare notevole pragmatismo sostenendo le azioni militari statunitensi contro i talebani nel 2001 e mantenendo un profilo di cooperazione sul fronte irakeno sia durante gli attacchi del 2003 che negli anni successivi.



Il fallimento del movimento riformista

Il colpo più duro al movimento riformista è venuto dalle elezioni municipali del 2003, dalle parlamentari del 2004 ed, infine, dalle presidenziali del 2005. Nelle elezioni locali del 2003 si è registrata una bassissima partecipazione, soprattutto nelle grandi città. Questo ha permesso una generale affermazione dei candidati conservatori e radicali. Nelle elezioni parlamentari del 2004, l’opera di cancellazione preventiva di quasi tutti i candidati riformisti, anche di chi già sedeva in Parlamento, ha inasprito l’atmosfera preelettorale. Le reazioni dei riformisti sono state dure: sit-in in Parlamento e le dimissioni di alcuni ministri. Tuttavia, meno del 50% degli elettori si è recato alle urne, il 28% a Teheran, le percentuali più basse dall’inizio della Rivoluzione. I conservatori hanno ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi.


Alle elezioni presidenziali del 2005 - con buoni dati di affluenza nonostante varie denunce di brogli elettorali di attivisti ed osservatori - l’unico candidato riformista Mostafa Mohin ha ottenuto soltanto il 14% dei voti e non ha neppure superato il primo turno lasciando la strada aperta all’affermazione del radicale Ahmadinejad.


I riformisti hanno fallito. Non hanno modificato i rapporti di potere generati da 25 anni di Rivoluzione Islamica. Non sono riusciti ad intaccare la subordinazione del Parlamento rispetto al Consiglio dei Guardiani. La causa di questa sconfitta è dovuta al fatto che parte del movimento riformista non detiene il controllo di alcuno dei centri del potere sostanziale in Iran, mentre altri, ben inseriti nel sistema rivoluzionario, sono conniventi con la leadership conservatrice.



Giuseppe Acconcia
affarinternazionali.it

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Riccardo Redaelli, Asja Mayor, , Il Mulino, Bologna, 2001

Ramin Jahmbegloo, Iran between tradition and modernity, Lexington Books, 2004

Jahangir Amuzegar, Iran’s Economy under the Islamic Republic, , I.B. Tauris,
New York, 1993

Mohammad Khatami, Religione, libertà e democrazia, Sagittari Laterza, 1999

Wilfired Buchta, Who rules Iran?, Istituto Studi per il Medio Oriente, 2000



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