sabato 16 luglio 2011

Questo buio feroce di Pippo del Bono


“Questo buio feroce” di scena al teatro Argentina per la regia di Pippo Delbono è un adattamento teatrale di performance in sequenza. Una voce fuori campo annuncia una storia di malattia e morte. E’ la voce di un regista-attore, narratore e deus ex machina. L’AIDS è una malattia come tante ma chi ne è colpito conquista uno stato di trasformazione continuo ed incomunicabile. Filiformi, zoppi, mostri seggono e attendono un attimo di gloria che li faccia sentire vivi. La malattia non è un morbo ottocentesco che affascina e avvicina alla decadenza. Qui è sinonimo di morte. La stessa morte che colpisce oggi Venezia, una città cadavere. Ecco, gli attori che sfilano sulla scena non sono malati ma cadaveri. Malattia che non colpisce i soli individui ma la società intera e le sue contraddizioni.

Le vicende a questo punto si divaricano. Una donna dell’Arkansas si interrompe nel racconto della sua banale vita mentre un travestito legge annunci erotici. Ma, prima che la fine sopraggiunga, resta la speranza di una serva salvata da una scarpa. Poi però, il nulla. Un lungo tavolo, due candele, cadaveri ed un uomo steso che parla nonostante la morte. L’uomo-regista-malato danza.

Una minima scenografia per un’ambientazione da Crimaster in un luogo metafisico. L’uso continuo di rimandi musicali risulta poco gradevole. La propensione ad una continua riproposizione di brani musicali ad effetto ricade sulla scena forzando i movimenti degli attori e banalizzando azioni intense. L’assenza di scrittura e di dialoghi nasconde un eccesso di terzomondismo ed un tentativo goffo di riprodurre anglofonia.

Attori disabili, folli e malati arricchiscono enormemente la scena.
I movimenti degli attori e la danza del regista sono degni di Pina Baush.

Giuseppe Acconcia,
La Casa Orca 2007

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