sabato 2 luglio 2011

Maria Stuart di Friedrich Schiller

Maria Stuart, il dovere della ragion di stato


Il dramma “Maria Stuart” di Friedrich Schiller per la regia di Andrea De Rosa, prodotto dal teatro Mercadante di Napoli, è in scena fino al 18 novembre al Teatro Studio di Milano. Schiller ne “Lettere sull’educazione estetica dell’uomo” del 1795 anticipò il tema della tragedia “Maria Stuart” che scrisse cinque anni dopo. “Il godimento è separato dal lavoro, i mezzi dal fine, lo sforzo dalla ricompensa - scriveva Schiller -. Eternamente incatenato soltanto a un piccolo frammento del tutto, l’uomo foggia se stesso soltanto come un frammento; sentendo sempre il giro monotono della ruota che egli sta girando, egli non sviluppa mai l’armonia del suo essere, e invece di dar forma all’umanità che sta nella sua natura, egli diventa un puro e semplice calco della sua occupazione, della sua scienza”. Questa è la sorte dei due personaggi femminili protagonisti del testo di Schiller. Maria Stuart e la regina Elisabetta I, interpretate dalle perfette Frédérique Loliée ed Anna Bonaiuto, rappresentavano per fede e rivendicazioni dinastiche i due volti dell’Inghilterra del ‘500. Maria, giovane, cattolica, piena di passione, scozzese ma vissuta in Francia, accusata senza sufficienti prove dell’omicidio del primo marito e di tramare contro la vita della regina, scontava la sua pena nelle carceri inglesi. Elisabetta I, protestante, glaciale, era pronta ad ordinare la condanna a morte della cugina per la sua fede e le sue pretese ereditarie. Iniziò un lungo confronto a distanza attraverso uomini di corte quali Talbot, Leichester e Cecil che mediavano tra le due donne, talvolta con futili complotti, per ottenere una riconciliazione che salvasse la vita di Maria. Il fascino suggestivo che la Stuart per la sua tragica bellezza esercitava sugli uomini più cari ad Elisabetta acuì i timori di quest’ultima. In un breve incontro tra le due donne, Maria rinunciò alle rivendicazioni dinastiche, si dichiarò innocente e supplicò clemenza. Elisabetta le rimproverò l’infedeltà alla corona inglese suscitando l’ira e gli insulti di Maria. Così la regina, seppure dubbiosa, firmò l’atto di esecuzione della Stuart per ipocrita ragione di stato. La condanna venne eseguita in tutta fretta, mentre le tardive confessioni di testimoni dei fatti scagionavano Maria macchiando di infamia la decisione della sovrana. Elisabetta per aderire al dovere identitario della ragion di stato aveva fatto uccidere senza prove, una straniera e sua consanguinea colpevole soltanto di essere cattolica, giovane ed una possibile erede.
“Con i personaggi di Maria Stuart e Elisabetta I - dice il regista Andrea De Rosa - Schiller racconta il conflitto tra due società che trovano espressione nell’identità religiosa e attraverso questa si combattono sanguinosamente. Un’identità forte che si scontra inesorabilmente con il diritto. Elisabetta deve far uccidere Maria, se vuole continuare a regnare. Ha la forza per farlo ma non il diritto. Per affermare il suo potere deve ignorare i legami familiari, la sacralità dell’ospite, il diritto dello straniero. Sono proprio i rapporti tra diritto e forza a porre domande sulle loro drammatiche e attuali contraddizioni.”
La messa in scena dinamica con un piano avanzato (la prigione di Maria) raggiungibile dal palco (il palazzo di Elisabetta) crea un equilibrio generale nel confronto di due mondi antitetici, vicini, ma non comunicanti. Le scene minimaliste di Sergio Tramonti ed i semplici costumi di Ursula Patzak contribuiscono a creare un buio drammatico che illumina il confronto tra le due donne.


Giuseppe Acconcia
La Sicilia, 2007

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