lunedì 15 aprile 2013

Washington: «Il voto allontana la pace»


LA PALESTINA C’È
DIPLOMAZIA · Il sì di Francia e Spagna. E alla fine anche dell’Italia


Washington: «Il voto allontana la pace»


Giuseppe Acconcia
Sono forse oltre 150 su 193 i «sì» per il riconoscimento della Palestina come stato non membro delle Nazioni unite. Tra i favorevoli, ci sono i paesi del nord Europa. Ma a sorpresa ieri, insieme a Francia e Spagna, è arrivato il «sì» anche dell’Italia. Dalla Russia alla Cina, dal Brasile all’India: i paesi emergenti sostengono la richiesta palestinese. Si astengono invece Germania e Gran Bretagna, che lo aveva già fatto in occasione del riconoscimento dello stato di Israele nel 1948. Dall’altra parte, l’asse del «no» allinea Stati uniti, Israele e Canada.
«Un momento di unità della comunità internazionale per rilanciare l processo di pace», ha definito il voto della notte il ministro degli esteri, Giulio Terzi. «Abbiamo lavorato a fondo - ha ribadito Terzi - per permettere che nascano le condizioni per una riapertura dei negoziati fra israeliani e palestinesi senza condizioni e che ci siano anche garanzie per la sicurezza di Israele, da un lato, per lo sviluppo economico e per il consolidamento istituzionale dell'Autorità palestinese, dall’altro», ha commentato Terzi. E così, sono arrivati i ringraziamenti al premier, Mario Monti, e al presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, da parte di Abu Mazen, presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), in merito alla decisione del governo italiano di dare il proprio assenso alla risoluzione per la Palestina. Tuttavia, i partiti di centro-destra in Italia hanno criticato la decisione del governo, avvertita come in disconuità con le politiche di vicinanza ad Israele dei governi Berlusconi. Anche la comunità ebraica italiana non ci sta. «Una doccia fredda», ha definito la decisione del governo italiano il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. 
Come le autorità israeliane, anche gli Stati uniti ridimensionano la portata del voto. «Nessuno deve illudersi che questa risoluzione produrrà i risultati che i palestinesi dicono di cercare, e cioè avere il loro stato che viva in pace con Israele», ha detto Victoria Nuland, portavoce del dipartimento di Stato. Una delle principali preoccupazioni delle autorità americane è che la Palestina possa usare il suo status per entrare a far parte della Corte penale internazionale. 
«È il passo più importante verso la pace dal 1948. Da questo momento la comunità internazionale è costretta a cambiare atteggiamento sulla questione palestinese. Le posizioni di Italia, Francia e Spagna hanno costruito un consenso generale nel contesto delle rivolte arabe», ha spiegato almanifesto, Gilles Kepel, docente dell’università Sciences-po di Parigi. «L’obiettivo degli Stati uniti nella crisi di Gaza è stata di indebolire la componente di Hamas vicina all’Iran. L’attacco a Gaza e la tregua seguente hanno così rafforzato la componente di Hamas favorevole all’accordo con Fatah, (movimento guidato da Abu Mazen, ndr)».
In merito al ruolo egiziano per favorire il dialogo per l’unità nazionale palestinese, Kepel ha aggiunto: «Morsi ha proposto agli Stati uniti di gestire Hamas dialogando con la componente moderata, sunnita vicina ai Fratelli musulmani, guidata dal premier Ismail Haniye, mentre ha marginalizzato la componente filo-iraniana, vicina a Khaled Meshaal. In questo contesto, il presidente Morsi è costretto dalla gravissima crisi economica a scendere continuamente a patti con gli Stati uniti. E così gli israeliani per parlare con Hamas ora chiamano Morsi». A confermare l’assoluta identità di visioni tra la presidenza americana e i Fratelli musulmani egiziani sul conflitto israelo-palestinese sono arrivati gli elogi di Morsi al presidente Barack Obama in un’intervista al Times. «Le sue intenzioni coincidono con i fatti», ha detto il presidente egiziano, Morsi.

Il Manifesto
La Palestina c'è, pag. 3
venerdì 30 novembre 2012

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