domenica 24 marzo 2013

Morsi tenta la carta del rinvio


INTERNAZIONALE
EGITTO · Referendum sulla Costituzione, posticipato l’avvio del voto per gli egiziani all’estero

Morsi tenta la carta del rinvio

Giuseppe Acconcia
IL CAIRO


Tra via Mamleek e via el-Mogani ad Heliopolis, giovani liberali e copti egiziani sono pronti a passare una nuova notte sulle barricate. «Arrivano centinaia di persone perchè il discorso di Morsi ha esasperato gli animi», ha detto Karim, giovane attivista liberale. «Sta prendendo dal popolo più di quanto dà. Vuole altro sangue, sembra di assistere ad una partita a scacchi», ha proseguito il giovane. E sulle accuse di vandalismo mosse da Morsi, il giovane non ha dubbi: «I Fratelli musulmani che ho visto ieri nell’area di Roxy (rione di Heliopolis, ndr) avevano lacrimogeni e la polizia non c’era. Quando poi sono arrivati i poliziotti si sono appostati dietro gli agenti. Gli attivisti della Fratellanza hanno lanciato direttamente lacrimogeni», ha assicurato Karim.
Ben sette cortei hanno sfilato ieri per le vie del Cairo per protestare contro le parole, pronunciate ieri da Morsi. Il presidente egiziano aveva invitato al dialogo i movimenti di opposizione promettendo concessioni sui nuovi poteri presidenziali. Non solo, il voto degli egiziani all’estero per il referendum al via oggi, è stato rinviato al prossimo mercoledì.
Gli attivisti di opposizione tenevano alte bandiere bianche con i volti dei giovani martiri disegnati, come gigantografie. Sventolavano queste immagini con vigore ricordando ad ogni passo i nuovi martiri: chi è morto mentre il presidente «rivoluzionario» è al potere. «Questo è il volto di Gaber ucciso qualche giorno fa in via Mohammed Mahmoud», ci ha spiegato Khaled. «Chiediamo le dimissioni di Morsi», urlavano, «Il popolo vuole la fine del regime». I più giovani si sono arrampicati sulle fermate dei bus e le rotaie dell’antico tram, da quella che una volta era la periferia del Cairo, erano completamente occupate da centinaia di manifestanti. «Domani a mezzogiorno siamo pronti per una nuova manifestazione, il nostro paese non è la Siria», contestavano delle giovani donne dal marciapiedi. Dall’altra parte della barricata, fatta di cemento e filo di ferro, c’era una fila di militari della Sicurezza centrale e dietro di loro la guardia presidenziale in assetto anti-sommossa. Tra i due gruppi erano schierati quattro carri armati dell’esercito, sistemati la sera precedente. Al tramonto, un gruppo di manifestanti ha divelto il filo spinato e ha scavalcato le barriere. Alcuni di questi giovani sono arrivati a due passi dagli uffici presidenziali: un luogo che nei melodrammi televisivi egiziani viene rappresentato come il posto dove tutti i giovani avrebbero voluto entrare per parlare con Mubarak. «Dovrebbe annullare il decreto presidenziale. Ma non lo farà, quindi boicotterò senz’altro il voto», racconta Eman, giovane vestita all’occidentale e con gli occhi pieni di rabbia per gli ultimi eventi. Sui camion degli attivisti erano sistemate decine di casse che trasmettevano musica assordante. Al seguito dei veicoli, tantissime donne tenevano tra le mani il simbolo del «no», la stessa risposta che avevano dato il 19 marzo del 2011 alla dichiarazione costituzionale temporanea voluta dalla giunta militare. Una di loro aveva un cartello. «Non rappresenti nè l’Islam né il paese (Morsi, ndr)». Si vedevano le bandiere degli operai di Suez. Nei giorni scorsi, varie sedi della Fratellanza tra Suez e Kafr el-Sheykh erano state date alle fiamme. Nella notte, alcuni attivisti hanno tentato di raggiungere anche la sede centrale di Libertà e giustizia al Cairo, nel quartiere di Moqattam, e di darle fuoco. Non solo, nel pomeriggio di ieri ci sono stati scontri nel Delta del Nilo a Tanta, Mahalla, Beheiria e Garbeya tra pro e anti Morsi. Ci sarebbero decine di feriti. In particolare, nella città delle industrie tessili di Mahalla, i manifestanti hanno fatto irruzione nel palazzo della municipalità.

Dal canto loro, i sostenitori dei Fratelli musulmani hanno partecipato ai funerali di due delle vittime di ieri nella moschea di Al Azhar. In seguito hanno raggiunto il palazzo di Heliopolis. Molti attivisti laici denunciano l’uso strumentale che viene fatto dei manifestanti islamisti per innescare scontri e tensioni in cortei pacifici. Ma ormai i margini per il dialogo sono risicati. Il Fronte di salvezza nazionale, guidato dall’ex presidente dell’Aiea, Mohamed el-Baradei, e Amr Moussa, ha annunciato il rifiuto dell’offerta di dialogo. Con loro anche i liberali del Wafd. Sono poi arrivate di sera parole di biasimo dalla Casa Bianca. Il presidente Barack Obama, in una telefonata al presidente egiziano ha espresso «preoccupazione» per le violenze di piazza. Per i giovani di piazza Tahrir, ora assembrati nel quartiere di Heliopolis, si prepara una notte di tensione. Altri hanno deciso di presidiare la piazza, dove si ascolta la musica dei rapper e si moltiplicano le tende senza un motivo preciso. Mentre decine di uomini e donne, incuranti degli scontri, entrano e escono, come ogni sera dal minuscolo negozio el-Abd, nel centro del Cairo, con pacchi di mazbuza e fetira, i dolci del venerdì di festa.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
sabato 8 dicembre 2012



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