giovedì 28 marzo 2013

Le Nazioni unite ritirano il «personale non essenziale»



INTERNAZIONALE
Siria/HILLARY CLINTON: «NO ARMI CHIMICHE»

Le Nazioni unite ritirano il «personale non essenziale»Duro monito degli Usa. Putin insiste dal summit Russia-Turchia a Istanbul: «Favorire il dialogo Assad-insorti»


Giuseppe Acconcia
Le Nazioni Unite lasciano la Siria e si avvicina la resa dei conti per il regime di Bashar al Assad. «È necessario trovare un equilibrio tra il lavoro del personale Onu per il popolo siriano e la loro stessa sicurezza». Sono le parole con cui il portavoce delle Nazioni Unite, Martin Nesirky, ha spiegato la decisione con effetto immediato di ritirare tutto il personale non essenziale dal paese, annunciata dall'Ufficio per gli affari umanitari (Ocha) di Ginevra. Le Nazioni Unite hanno deciso anche di vietare i viaggi fuori dalla capitale Damasco al personale restante. «La situazione della sicurezza è diventata estremamente difficile, anche a Damasco - ha chiarito Raghouane Nouicer, coordinatore regionale per gli aiuti umanitari dell’Onu. «Finchè la sicurezza degli operatori umanitari non è garantita, le agenzie Onu rivedono le dimensioni della loro presenza nel paese e il modo in cui distribuiscono gli aiuti umanitari», ha aggiunto il dirigente.
La crisi siriana è entrata in una fase molto delicata. In una nota ufficiale, diffusa ieri, il governo siriano ha assicurato che non farà ricorso ad armi chimiche. «La Siria difende il suo popolo e assieme al suo popolo lotta contro il terrorismo legato ad al Qaeda, sostenuto da paesi noti, primi tra i quali gli Stati Uniti», prosegue il testo. Tuttavia, dopo la notizia diffusa nei giorni scorsi di uno spostamento di armi chimiche all’interno del paese, sono arrivate le parole di avvertimento e condanna di Hillary Clinton. «Si tratta di una linea rossa, ancora una volta abbiamo avvertito Assad, il suo comportamento è da condannare, le sue azioni contro il popolo siriano sono tragiche», ha denunciato Clinton. Queste dichiarazioni sono state ribadite anche da Jay Carney, portavoce della Casa Bianca. Nel fine settimana lo spostamento di armi chimiche siriane ha portato a una serie di comunicazioni di emergenza in Europa e negli Stati uniti, nonché al monitoraggio delle Alture del Golan da parte dell’aviazione israeliana. Gran Bretagna, Francia e Stati uniti hanno valutato possibili piani da mettere in atto nel caso in cui fosse necessario neutralizzare un attacco con armi chimiche. Già nell’agosto scorso, il presidente degli Stati uniti Barack Obama aveva detto che una minaccia dell'uso di armi chimiche da parte di Assad avrebbe rappresentato «una linea rossa» che avrebbe potuto aprire la porta a un intervento americano. «Questo potrebbe cambiare i miei calcoli», aveva aggiunto Obama.
D’altronde, a lasciare ieri la Siria, c’è stato anche il portavoce del ministero degli esteri, Jihad Makdissi. Il politico si èŠimbarcato a Beirut su un volo per Londra. Pochi minuti prima, la televisione del movimento sciita libanese Hezbollah, al-Manar, aveva annunciato in fretta e furia le dimissioni di al-Maqdisi. Nel frattempo, si teneva ieri un vertice sulla crisi siriana tra Russia e Turchia a Istanbul. Durante il vertice, il presidente russo, Vladimir Putin ha ribadito l’intenzione di favorire il dialogo tra Bashar al-Assad e gli insorti, mentre Ankara ha confermato il suo appoggio ai ribelli sunniti. Le forze armate di Ankara hanno fatto decollare aerei militari dopo che il regime siriano aveva bombardato postazioni dei ribelli a Ras al-Ain, città sul confine con la Turchia.
Come se non bastasse, gli scontri tra insorti e esercito regolare sono proseguiti per tutta la giornata di ieri in Siria. Secondo i ribelli, sono almeno 90, tra cui otto bambini e sette donne, le persone rimaste uccise ieri. Vittime ci sono state nei dintorni di Aleppo, a Damasco, Homs, Hasake, Idlib e, nel sud, tra Daraa, Dayr az Zor, nonché a Hama e Latakia.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
martedì 4 dicembre 2012

mercoledì 27 marzo 2013

Si vota





Radio Vaticana
Radiogiornale, ore 19.30
sabato 8 dicembre 2012

Egitto: referendum il 15 dicembre. No dei Fratelli Musulmani alle richieste dell'opposizione
Il referendum sulla bozza della nuova Costituzione in Egitto si tenga il 15 dicembre come previsto. Lo chiedono i Fratelli Musulmani rifiutando quindi la richiesta dell’opposizione di rinviare la consultazione popolare. Continua intanto il sit-in di protesta davanti al palazzo del presidente Morsi. Dal Cairo Giuseppe Acconcia:
Il governo egiziano ha approvato oggi un decreto legge immediatamente operativo che accresce i poteri dei militari per la difesa della sicurezza nazionale. E lo scontro tra islamisti e opposizione laica non si placa. In un comunicato, il presidente Morsi ha aperto ad un possibile rinvio del referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre. Tuttavia, nessuna forza del Fronte nazionale di salvezza, guidato dal premio Nobel Mohammed El-Baradei, ha aderito al tentativo di dialogo, voluto per oggi dal presidente egiziano. Soltanto Ayman Nour, leader del partito liberale al Ghad, esponenti dei Fratelli musulmani e salafiti si sono presentati all’incontro. Dal canto loro, i Fratelli musulmani fanno quadrato intorno a Morsi: «Difenderemo l'Egitto, la sua rivoluzione e la sua costituzione qualsiasi sia il sacrificio», ha detto la guida della Fratellanza Mohamed Badie. Le manifestazioni intorno al palazzo presidenziale di Heliopolis sono ancora in corso. Ma per il ritorno della stabilità il presidente egiziano fa di nuovo affidamento sui militari.




martedì 26 marzo 2013

Iran, Rimosso il capo polizia informatica dopo la morte in carcere del blogger Beheshti


INTERNAZIONALE

IRAN
Rimosso il capo polizia informatica dopo la morte in carcere del blogger Beheshti


Giuseppe Acconcia
Giro di vite a Tehran dopo la morte in carcere del blogger iraniano, Sattar Beheshti. È stata disposta la rimozione del capo della polizia informatica iraniana, Saeed Shokrian. Le dimissioni sono state motivate da «errori nell’esercitare una sufficiente supervisione» sulle circostanze che hanno portato alla morte del blogger. 
Beheshti, 35 anni, era stato arrestato per «crimini informatici» e secondo la procura generale iraniana era stato trovato morto nella sua cella il 3 novembre scorso, quattro giorni dopo il suo arresto. Secondo Amnesty International e Human Rights Watch, ma anche a detta di parlamentari iraniani vicini al movimento riformista, l’ipotesi più accreditata è che il blogger anti-governativo sia morto in seguito a torture. Nei giorni scorsi sono state aperte tre inchieste che hanno portato a vari arresti. «La magistratura indagherà sul caso», ha detto Mohammad Larijani, leader dell’Alto consiglio per i diritti umani della magistratura iraniana, che ha parlato di morte «sospetta». Secondo indiscrezioni, una probabile causa del decesso va ricercata in «pressioni psicologiche» esercitate su una persona già «estremamente debilitata». Secondo altre fonti, i risultati dell’autopsia hanno evidenziato l’arresto cardiaco e lividi senza fratture o colpi letali. Sattar Beheshti era stato già arrestato insieme ad altri attivisti iraniani durante i movimenti anti-governativi del 1999, 2003 e del 2009. Il giovane aveva spesso criticato le pessime condizioni in cui si trovano i prigionieri politici nelle carceri in Iran. Il blogger aveva organizzato varie manifestazioni contro il sistema di potere della Repubblica islamica nel centro di Tehran. Nei giorni scorsi, i familiari della vittima hanno denunciato di subire continue minacce e pressioni dopo la scomparsa del giovane.


Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
martedì 4 dicembre 2012

domenica 24 marzo 2013

Morsi tenta la carta del rinvio


INTERNAZIONALE
EGITTO · Referendum sulla Costituzione, posticipato l’avvio del voto per gli egiziani all’estero

Morsi tenta la carta del rinvio

Giuseppe Acconcia
IL CAIRO


Tra via Mamleek e via el-Mogani ad Heliopolis, giovani liberali e copti egiziani sono pronti a passare una nuova notte sulle barricate. «Arrivano centinaia di persone perchè il discorso di Morsi ha esasperato gli animi», ha detto Karim, giovane attivista liberale. «Sta prendendo dal popolo più di quanto dà. Vuole altro sangue, sembra di assistere ad una partita a scacchi», ha proseguito il giovane. E sulle accuse di vandalismo mosse da Morsi, il giovane non ha dubbi: «I Fratelli musulmani che ho visto ieri nell’area di Roxy (rione di Heliopolis, ndr) avevano lacrimogeni e la polizia non c’era. Quando poi sono arrivati i poliziotti si sono appostati dietro gli agenti. Gli attivisti della Fratellanza hanno lanciato direttamente lacrimogeni», ha assicurato Karim.
Ben sette cortei hanno sfilato ieri per le vie del Cairo per protestare contro le parole, pronunciate ieri da Morsi. Il presidente egiziano aveva invitato al dialogo i movimenti di opposizione promettendo concessioni sui nuovi poteri presidenziali. Non solo, il voto degli egiziani all’estero per il referendum al via oggi, è stato rinviato al prossimo mercoledì.
Gli attivisti di opposizione tenevano alte bandiere bianche con i volti dei giovani martiri disegnati, come gigantografie. Sventolavano queste immagini con vigore ricordando ad ogni passo i nuovi martiri: chi è morto mentre il presidente «rivoluzionario» è al potere. «Questo è il volto di Gaber ucciso qualche giorno fa in via Mohammed Mahmoud», ci ha spiegato Khaled. «Chiediamo le dimissioni di Morsi», urlavano, «Il popolo vuole la fine del regime». I più giovani si sono arrampicati sulle fermate dei bus e le rotaie dell’antico tram, da quella che una volta era la periferia del Cairo, erano completamente occupate da centinaia di manifestanti. «Domani a mezzogiorno siamo pronti per una nuova manifestazione, il nostro paese non è la Siria», contestavano delle giovani donne dal marciapiedi. Dall’altra parte della barricata, fatta di cemento e filo di ferro, c’era una fila di militari della Sicurezza centrale e dietro di loro la guardia presidenziale in assetto anti-sommossa. Tra i due gruppi erano schierati quattro carri armati dell’esercito, sistemati la sera precedente. Al tramonto, un gruppo di manifestanti ha divelto il filo spinato e ha scavalcato le barriere. Alcuni di questi giovani sono arrivati a due passi dagli uffici presidenziali: un luogo che nei melodrammi televisivi egiziani viene rappresentato come il posto dove tutti i giovani avrebbero voluto entrare per parlare con Mubarak. «Dovrebbe annullare il decreto presidenziale. Ma non lo farà, quindi boicotterò senz’altro il voto», racconta Eman, giovane vestita all’occidentale e con gli occhi pieni di rabbia per gli ultimi eventi. Sui camion degli attivisti erano sistemate decine di casse che trasmettevano musica assordante. Al seguito dei veicoli, tantissime donne tenevano tra le mani il simbolo del «no», la stessa risposta che avevano dato il 19 marzo del 2011 alla dichiarazione costituzionale temporanea voluta dalla giunta militare. Una di loro aveva un cartello. «Non rappresenti nè l’Islam né il paese (Morsi, ndr)». Si vedevano le bandiere degli operai di Suez. Nei giorni scorsi, varie sedi della Fratellanza tra Suez e Kafr el-Sheykh erano state date alle fiamme. Nella notte, alcuni attivisti hanno tentato di raggiungere anche la sede centrale di Libertà e giustizia al Cairo, nel quartiere di Moqattam, e di darle fuoco. Non solo, nel pomeriggio di ieri ci sono stati scontri nel Delta del Nilo a Tanta, Mahalla, Beheiria e Garbeya tra pro e anti Morsi. Ci sarebbero decine di feriti. In particolare, nella città delle industrie tessili di Mahalla, i manifestanti hanno fatto irruzione nel palazzo della municipalità.

Dal canto loro, i sostenitori dei Fratelli musulmani hanno partecipato ai funerali di due delle vittime di ieri nella moschea di Al Azhar. In seguito hanno raggiunto il palazzo di Heliopolis. Molti attivisti laici denunciano l’uso strumentale che viene fatto dei manifestanti islamisti per innescare scontri e tensioni in cortei pacifici. Ma ormai i margini per il dialogo sono risicati. Il Fronte di salvezza nazionale, guidato dall’ex presidente dell’Aiea, Mohamed el-Baradei, e Amr Moussa, ha annunciato il rifiuto dell’offerta di dialogo. Con loro anche i liberali del Wafd. Sono poi arrivate di sera parole di biasimo dalla Casa Bianca. Il presidente Barack Obama, in una telefonata al presidente egiziano ha espresso «preoccupazione» per le violenze di piazza. Per i giovani di piazza Tahrir, ora assembrati nel quartiere di Heliopolis, si prepara una notte di tensione. Altri hanno deciso di presidiare la piazza, dove si ascolta la musica dei rapper e si moltiplicano le tende senza un motivo preciso. Mentre decine di uomini e donne, incuranti degli scontri, entrano e escono, come ogni sera dal minuscolo negozio el-Abd, nel centro del Cairo, con pacchi di mazbuza e fetira, i dolci del venerdì di festa.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
sabato 8 dicembre 2012



venerdì 22 marzo 2013

Stradedell'est trasloca

Da lunedì prossimo stradedell'est trasloca tra i blog del manifesto. Appena avrò il link del nuovo blog lo comunicherò a tutti. Dopo due anni di post sul Medio oriente e tanto altro, stradedell'est continuerà qui ancora per qualche settimana con gli ultimi aggiornamenti previsti, le novità invece le troverete su street politics, il nuovo blog che aprirà tra qualche giorno, grazie a tutti.

A due passi dal palazzo presidenziale




Radio Vaticana
Radiogiornale, ore 19.30
venerdì 7 dicembre 2012 

Non si ferma la protesta in Egitto. I manifestanti arrivano fino al palazzo presidenziale
Al Cairo, i manifestanti sono riusciti a superare le barricate dell’esercito e sono arrivati fin sotto al palazzo presidenziale, mentre la guardia repubblica continua intanto a difenderne gli ingressi. Nel pomeriggio migliaia di persone si erano messe in marcia per ribadire la protesta contro il presidente Morsi e chiedendone la caduta. Il governo intanto cerca di portare al tavolo del dialogo l’opposizione che continua a rifiutare. Altre migliaia di dimostranti, da parte dei Fratelli musulmani hanno invece dato vita ad una manifestazione a circa due chilometri dal palazzo presidenziale. Intanto nel nord del Paese si registra l’assalto ad una sede del Fratelli Musulmani, con un bilancio di due poliziotti feriti e cinque arresti. Dal Cairo, GiuseppeAcconcia:
Prosegue il braccio di ferro in Egitto tra islamisti e forze laiche. I movimenti di opposizione sono scesi di nuovo in piazza oggi. I manifestanti chiedono il ritiro della dichiarazione costituzionale dello scorso 22 novembre con la quale il presidente egiziano Mohammed Morsi ha ampliato i suoi poteri e il congelamento del referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre. Dall’altro lato, Fratelli musulmani e salafiti si sono dati appuntamento nella moschea al Azhar per i funerali di due delle sette vittime degli scontri dei giorni scorsi. Ieri sera, in un discorso televisivo, il presidente Morsi aveva invitato l’opposizione al dialogo in un incontro ufficiale previsto per domani. Esponenti dell’opposizione dal premio Nobel Mohammed el Baradei all’ex segretario generale della lega araba, Amr Moussa hanno declinato l’invito. Le accuse reciproche tra forze laiche e islamiche mostrano un paese spaccato in due e sull’orlo di nuove tensioni. 


http://it.radiovaticana.va/news/2012/12/07/non_si_ferma_la_protesta_in_egitto._i_manifestanti_arrivano_fino_al_pa/it1-645753
http://www.news.va/it/news/non-si-ferma-la-protesta-in-egitto-i-manifestanti

lunedì 18 marzo 2013

L'opposizione e il boicottaggio del referendum



Radio Vaticana
Radiogiornale,
lunedì 10 dicembre 2012

Egitto: l'opposizione conferma il boicottaggio del referendum del 15 dicembre
Il Fronte nazionale di salvezza si è schierato per il boicottaggio del referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre. Secondo il movimento che unisce il premio Nobel per la pace Mohammed el-Baradei, il nasserista Hamdin Sabbahi e l’ex segretario della Lega araba, Amr Moussa, “Morsi ha ignorato totalmente le domande dei manifestanti». Non solo, ha limitato il lavoro dei giornalisti e dei giudici. Dal Cairo, ci riferisce Giuseppe Acconcia

http://www.news.va/it/news/egitto-lopposizione-conferma-il-boicottaggio-del-r


sabato 16 marzo 2013

«Difenderemo Morsi a qualsiasi costo». Ma la protesta continua


INTERNAZIONALE

FRATELLI MUSULMANI · No al rinvio del referendum costituzionale

«Difenderemo Morsi a qualsiasi costo». Ma la protesta continua

Giuseppe Acconcia
IL CAIRO

«Difenderemo la legittimità del regime eletto dal popolo», ha tuonato il leader carismatico dei Fratelli musulmani, Khairat el-Shater in una conferenza stampa ieri al Cairo. L’ideologo della Fratellanza ha parlato di «complotto» e «sabotaggio» in riferimento alla richiesta di rinvio del referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre. Ma ieri, tutti i vertici del movimento islamista hanno difeso il lavoro del presidente egiziano Morsi. Dopo l’attacco alla sede di Libertà e giustizia, partito della Fratellanza, nel quartiere residenziale del Cairo, Moqattam, è intervenuta anche la Guida suprema del movimento, Mohammed Badie. «Difenderemo l'Egitto, la sua rivoluzione e la sua costituzione qualsiasi sia il sacrificio», ha detto Badie, richiamando poi le forze politiche al dialogo e al compromesso. «Chiamiamo alla riconciliazione e al dialogo. Quello che succede è concorrenza politica, e questo richiede il ricorso alle urne, ma la competizione non è uccidere, essere ingiusto o rovesciare la verità», ha spiegato Badie. 
In realtà, il tentativo di mediazione promosso da Morsi nel discorso televisivo dello scorso giovedì non ha avuto seguito. Nessun leader del Fronte di salvezza nazionale, dall’ex segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, al socialista Hamdin Sabbahi  si sono presentati all’incontro. Soltanto Ayman Nour, politico liberale del partito al-Ghad ha fatto ingresso nel palazzo presidenziale. «Non basta il rinvio del referendum. Morsi deve cancellare la dichiarazione costituzionale se vuole che lasciamo la strada», ci ha raccontato Moataz, accampato nelle tende comparse ieri notte di fronte al palazzo di Heliopolis. «Continueremo le nostre marce ogni martedì e giovedì finchè non fermeremo Morsi», ha proseguito l’attivista, esponente del movimento liberale di el-Baradei. Alle sue spalle si vedevano nuovi graffiti che rappresentano i volti dell’ex presidente Mubarak, del colonnello Tantawi, ex leader della giunta militare, affiancati al volto di Morsi.

Incassato il nuovo decreto presidenziale, le forze armate egiziane hanno richiamato I partiti politici al dialogo. Infine, la corte penale del Cairo ha deciso ieri di non congelare i beni dell'ultimo primo ministro, nominato da Hosni Mubarak e sconfitto alle elezioni presidenziali da Morsi. Ahmed Shafiq è accusato di corruzione e concussione. Tra manovre di palazzo, violenza di piazza e tentativi di distensione, istituzioni, forze politiche e autorità militari sono in completo corto circuito.


Il Manifesto
Internazionale, pag. 6
domenica, 8 dicembre 2012


martedì 12 marzo 2013

L'esercito onnipotente di Morsi


INTERNAZIONALE

EGITTO · Opposizioni di nuovo in piazza oggi contro il referendum e i poteri speciali dati ai militari

L’esercito onnipotente di Morsi
Il presidente per ora non si azzarda a varare gli attesi aumenti per beni di consumo e tasse

Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
La strada che conduce a Mohandessin, quartiere commerciale del centro del Cairo e sede principale delle opposizioni liberali e socialiste, è piena di graffiti sulle mura che la costeggiano ai lati. «Il sangue della Fratellanza», si legge in un rosso acceso da un lato, mentre dal fronte opposto si moltiplicano i simboli degli Ultras della squadra di calcio dell’Ahly. Il cielo è cupo e anche l’indole degli egiziani. I Fratelli musulmani, nei cinque mesi al potere, stanno tentando di controllare scientificamente la vita di questa gente. Ma hanno dovuto posticipare molti dei provvedimenti che stravolgono le abitudini di milioni di egiziani. Se hanno disposto la cancellazione dei graffiti rivoluzionari dalle strade del centro, le gigantografie di un militare che tiene in braccio un bambino sono ancora dappertutto al Cairo. E il potere di arrestare chiunque, assicurato ai militari fino a sabato prossimo, quando si terranno le operazioni di voto del contestassimo referendum costituzionale, chiarisce perchè sospetto e preoccupazione si leggano nei volti degli egiziani. Domenica mattina, lo spazio aereo del Cairo è stato chiuso per alcune ore, e tutti i voli civili hanno subito enormi ritardi, mentre gli F16 dell’aeronautica militare effettuavano esercitazioni a bassa quota. Una manovra intimidatoria che l’ex presidente, Hosni Mubarak, aveva usato solo qualche giorno prima di dare le dimissioni, l’11 febbraio 2011. In questo clima, Amnesty International ha espresso «preoccupazione» per il riconoscimento di poteri speciali all’esercito. «Abbiamo visto come hanno trattato i detenuti e come li hanno processati in tribunali militari», ha detto Mohammed Lotfy, rappresentante dell’ong al Cairo. Lofty ha sottolineato come «il codice penale egiziano limiti la libertà di espressione, gli scioperi e la libertà di assembramento. Questo, collegato con il recente decreto presidenziale, consente al pubblico ministero di mettere le persone in detenzione preventiva per un massimo di sei mesi» senza accuse certe, ha spiegato l’attivista.
Tra i controversi provvedimenti, voluti dai Fratelli musulmani, che Morsi ha deciso di posticipare in attesa del risultato del referendum, c’è la legge che impone la chiusura di negozi e mercati entro le ore 22. Così come Morsi ha deciso di rinviare il più volte annunciato aumento dei prezzi di beni di consumo, inclusi alcool, sigarette, e delle tasse. «L’aumento dei prezzi in questo contesto sarebbe irragionevole», ha spiegato Yasser Ali, portavoce del presidente Morsi. Nel frattempo i prezzi degli affitti sono sensibilmente aumentati al Cairo, mentre centinaia di rifugiati siriani, che hanno ripiegato in Egitto dopo lo scoppio della crisi a Damasco, stanno acquistando ovunque case a prezzi più alti di quelli di mercato. 
D’altra parte, la decisione del presidente Morsi di annullare il decreto del 22 novembre scorso che ampliava i suoi poteri non è servita a calmare le acque. Anzi, alla nuova e inappellabile dichiarazione costituzionale, le opposizioni hanno risposto indicendo per oggi una grandissima manifestazione di protesta. Il Fronte di salvezza nazionale, cartello che unisce liberali, socialisti e nasseristi, non si è ancora espresso per il boicottaggio del voto. Ma continua a chiedere il rinvio del referendum costituzionale. Secondo una nota delle opposizioni, «Morsi ha ignorato totalmente le domande dei manifestanti». Non solo, «ha limitato il lavoro di giornalisti e di giudici. Fare un referendum ora - prosegue il comunicato - vorrebbe dire spingere il paese verso un’ondata di violenze». Ma alla manifestazione di oggi prenderanno parte anche i sostenitori dei Fratelli musulmani. Il loro corteo al Cairo partirà dalla moschea Al-Rashdan del quartiere Medinat Nassr. E non è detto che manifestanti di fronti opposti non si scontrino di nuovi per le vie di questa città immensa e nelle province egiziane. La difesa della Costituzione, voluta, scritta e ratificata dagli islamisti con nodi sui rapporti tra stato e moschee, le funzioni dei militari, i diritti sociali è stata trasformata dai Fratelli musulmani in una guerra di tutti contro tutto. E l’Egitto vive sospeso tra divisioni e caos in attesa del peggio, che un istante più tardi si trasforma in nuova possibilità.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 8
martedì 11 dicembre 2012

lunedì 11 marzo 2013

Manifestazioni pro e contro Morsi



Radio Vaticana
Radiogiornale,
martedì 11 dicembre 2012

Egitto: manifestazioni pro e contro Morsi. Almeno 11 feriti per nuovi scontri
Ancora proteste e scontri in Egitto a pochi giorni dal referendum sulla nuova Costituzione, indetto dal presidente Mohamed Morsi. Oggi migliaia di persone hanno partecipato a nuove manifestazioni, organizzate sia da gruppi islamisti, sostenitori del presidente Morsi, sia dall’opposizione laica e liberale. Il presidente egiziano Mohamed Morsi parteciperà al dialogo nazionale convocato per domani dal ministro della Difesa Abdel Fattah el Sisi.
Centinaia di manifestanti hanno oltrepassato, nel pomeriggio, le barriere di sicurezza poste a protezione del palazzo presidenziale. Stamani, almeno undici persone sono rimaste ferite al Cairo in seguito a scontri tra un gruppo di uomini armati e dimostranti che da giorni mantengono un presidio contro le ultime decisioni del capo dello Stato. Intanto il presidente Morsi ha conferito all’Esercito poteri di polizia, incluso quello di arrestare civili, ordinando di preservare la sicurezza e proteggere le istituzioni fino all’annuncio dei risultati del referendum sulla nuova Costituzione, previsto sabato prossimo. Chiunque verrà arrestato dai militari – si precisa in una nota dell’Ufficio delle relazioni esterne della presidenza egiziana - non sarà giudicato da una corte marziale, ma da un tribunale civile. Il capo di Stato egiziano ha anche deciso di sospendere i previsti aumenti delle imposte su una vasta gamma di prodotti di largo consumo. Alla luce degli ultimi sviluppi, le autorità egiziane hanno inoltre chiesto un rinvio del prestito di 4,8 miliardi di dollari concordato a novembre con il Fondo monetario internazionale (Fmi). Il leader di al-Qaeda, il medico egiziano al-Zawahiri, ha esortato infine l’ex candidato alle presidenziali egiziane, il predicatore salafita Hazem Abu Ismail e i suoi seguaci, a continuare la rivoluzione fino a quando non ci sarà il dominio della ‘sharia’. 
L’Egitto è dunque un Paese attraversato da laceranti divisioni, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il giornalista Giuseppe Acconcia, raggiunto telefonicamente al Cairo


http://it.radiovaticana.va/news/2012/12/11/egitto:_manifestazioni_pro_e_contro_morsi._almeno_11_feriti_per_nuovi_/it1-646746
http://www.news.va/it/news/egitto-proteste-pro-e-contro-morsi-almeno-11-ferit

sabato 9 marzo 2013

I sì avanti di misura, ma è il primo turno


INTERNAZIONALE

EGITTO-REFERENDUM · I «Fratelli» non volano

I sì avanti di misura, ma è il primo turno
Il consenso alla Costituzione voluta da islamisti e salafiti sarebbe per ora solo del 56,6%

Giuseppe Acconcia
IL CAIRO

Mentre i seggi erano ancora aperti nella notte di sabato, Libertà e giustizia già diffondeva i risultati parziali e cantava vittoria. È ormai una scena che si ripete per la terza volta, dopo le elezioni parlamentari del 2011 e le presidenziali del 2012. Ma qualcosa è cambiato: i Fratelli musulmani incarnano il regime e i rivoluzionari le opposizioni, lasciate ad occupare lo spazio pubblico ma senza voce in capitolo nelle decisioni politiche. Non solo, la nuova Costituzione è divenuto lo strumento fondamentale del movimento islamista per imporre la sua visione di Stato, società e della loro relazione. A questo va aggiunto che la Carta fondamentale è stata scritta dall’Assemblea costituente, scelta dal parlamento a schiacciante maggioranza islamista, ma poi sciolto per irregolarità nella legge elettorale dalla Corte suprema. Nel bar Sehreia di Sayeda Zeinab la delusione era palpabile sabato notte. «I Fratelli musulmani dicono di aver vinto con il 75%, ormai si ripeterà lo stesso plebiscito del referendum costituzionale del 2011», assicurava sconsolato Ahmed, studente di legge. La piccola speranza (in questi vicoli è sempre stata flebile) che i Fratelli musulmani potessero rappresentare le domande della rivoluzione, la notte del Referendum era completamente sparita.
Ma con il passare delle ore, come spesso capita in Egitto, tutto è cambiato. La mattina di domenica, quando tutte le schede nelle province egiziane erano state contate, la televisione di Stato ha diffuso i risultati ufficiosi aggregati. Anche tra gli uomini vicini al presidente, nel partito Libertà e giustizia, nel movimento dei Fratelli musulmani, le reazioni di giubilo si sono fatte composte e attendiste. I «sì» alla Costituzione, voluta da islamisti e salafiti, sarebbero in vantaggio solo di qualche punto, toccando appena il 56,6% dei voti. Se questo risultato dovesse essere confermato, si tratterebbe di una pesante sconfitta per i Fratelli musulmani. Al referendum costituzionale del 19 marzo 2011 per approvare i controversi punti, decisi dall’esercito che emendavano la Costituzione in vigore, i «sì» avevano toccato il 77%. Da quel momento l’accordo tra islamisti e giunta militare per alterare le richieste della piazza è apparso determinante. Ma i Fratelli musulmani hanno continuato ad attendere, usando la piazza nei momenti cruciali per manifestare il loro spirito reazionario fino al novembre del 2011, quando per partecipare alle elezioni parlamentari hanno abbandonato gli attivisti liberali e socialisti al loro destino. Qualche mese più tardi, le lunghe procedure elettorali che hanno portato all’elezione della nuova Assemblea del popolo hanno sancito la definitiva maggioranza parlamentare vicina ai Fratelli musulmani con il partito Libertà e giustizia al 45% e l’inatteso risultato dei salafiti al 23%. Sembrava un giorno storico per l’Egitto che riscattava politici rimasti in prigione per decenni, oggetto di una continua strategia di concessioni e repressione da parte del regime dell’ex presidente Hosni Mubarak che ne aveva ridimensionato la loro carica organizzativa.
Ma il punto più alto i Fratelli musulmani l’hanno ottenuto con la vittoria alle elezioni presidenziali di Mohammed Morsi. Una vittoria che poteva essere scippata dall’ultimo primo ministro vicino all’ex rais, Ahmed Shafiq. Anche se l’intera procedura elettorale è stata forzata con la cancellazione di candidati scomodi, come l’ideologo islamista Khayrat Shater e il salafita Abu Ismail. Da quel momento i Fratelli musulmani hanno dimostrato di agire seguendo interessi di parte e come delegati dell’esercito. Di sostituire alle logiche di capitalismo clientelare prodotte dalle politiche di liberalizzazione economica volute da Mubarak, un sistema familistico-assistenziale basato sulla finanza islamica e il ricorso retorico alla sharia. Ma queste parole non hanno convinto metà degli egiziani che dopo il decreto costituzionale del 22 novembre 2012 hanno finalmente fatto sentire la loro voce bocciando la nuova Costituzione. Queste opposizioni hanno ben chiaro il sistema di assistenzialismo diffuso che la Fratellanza vorrebbe creare per garantire la sopravvivenza della sua base elettorale e in via marginale del resto della società egiziana, riproducendo la cronica dipendenza dei poveri dagli aiuti di Stati: da pensioni per anziani ed invalidi a vitalizi per i martiri della rivoluzione, da assistenza sanitaria nelle strutture gestite prima dal movimento e ora dallo Stato fino al finanziamento pubblico alle scuole islamiche. Nel lungo periodo questo potrebbe determinare la creazione di una polizia morale che applichi i principi previsti in questa Costituzione e di forze paramilitari su base assistenziale, sul modello dei basiji iraniani.
Ma le scelte dei Fratelli musulmani vengono messe in discussione da molti dei loro antichi sostenitori, soprattutto in merito alle decisioni in politica estera. L’alleanza con gli Stati uniti appare più solida che mai così come gli Accordi di Camp David con Israele. Per molti egiziani, l’accordo, siglato al Cairo tra Hamas e governo israeliano lo scorso novembre, ha sancito il definitivo sostegno del Cairo ai moderati di Hamas, vicini al primo ministro Ismail Haniyeh, a favore di un’intesa per l’unità nazionale palestinese con Fatah e il presidente Abu Mazen. Questa posizione lascia irrisolte le questioni della militarizzazione del Sinai, del controllo israeliano sul valico di Rafah e indebolisce l’Egitto come interlocutore credibile per la difesa dei diritti dei palestinesi.
Ci sono molte ombre e poche luci in quest’esperienza al governo degli islamisti. Per questo Morsi cerca di tornare al riparo in extremis e chiama di nuovo al dialogo le opposizioni che avevano declinato l’invito la scorsa settimana. Ma il premio Nobel Mohammed el-Baradei chiede di invalidare l’intero referendum. Finalmente le forze laiche e socialiste sembrano uscire dal ghetto dove si erano cacciate chiedendo oggi di scendere in piazza per sancire il buon risultato elettorale dell’«altro Egitto».

Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
martedì 18 dicembre 2012





mercoledì 6 marzo 2013

Cortei contro Morsi




Radio Vaticana
Radiogiornale,
martedì 11 dicembre 2012


In Egitto altri cortei contro Morsi. Il nuovo decreto non accontenta le opposizioni

I movimenti rivoluzionari e la Corrente popolare dell'ex candidato nasseriano alla presidenza egiziana Hamdin Sabbahi hanno organizzato per oggi sette nuovi cortei davanti palazzo presidenziale per protestare contro il 'dialogo nazionale' avviato ieri dal presidente Mohamed Morsi. Sentiamo Giuseppe Acconcia   
Ieri notte il presidente Mohammed Morsi ha annullato il decreto del 22 novembre scorso che ampliava i suoi poteri e ha confermato la data del referendum costituzionale per il prossimo 15 dicembre. Anche la nuova dichiarazione costituzionale non può essere emendata dalla magistratura egiziana. Non solo, si stabilisce che se la nuova costituzione fosse abrogata in seguito al referendum verrà eletta una nuova Assemblea costituente. Le opposizioni hanno salutato con freddezza la decisione del presidente. «La nuova Costituzione va contro i nostri diritti e libertà», ha dichiarato uno dei leader dell’opposizione, il liberale Mohammed el-Baradei. Mentre il nasserista Hamdin Sabbahi ha indetto per la giornata di oggi cinque cortei contro il nuovo decreto. Questa mattina, lo spazio aereo egiziano è stato chiuso per alcune ore, mentre gli F16 dell’aeronautica militare hanno effettuato delle esercitazioni a bassa quota. Gli egiziani si preparano al voto per il prossimo sabato, ma restano da sciogliere i nodi del ruolo della legge islamica, dei militari e dei poteri presidenziali nella nuova Costituzione.

martedì 5 marzo 2013

Militari mediano



Radio Vaticana
Radiogiornale,
mercoledì 12 dicembre 2012

Nuove manifestazioni in Egitto, i militari tentano la mediazione
In Egitto scendono in campo le Forze armate per cercare di mediare la crisi tra oppositori e sostenitori del presidente Morsi. Convocata per oggi una riunione per il “Dialogo Nazionale” all’indomani delle contrapposte manifestazioni al Cairo che fortunatamente non sono degenerate in scontri come si temeva. Giuseppe Acconcia:
Il ministro della Difesa e comandante delle forze armate, Abdel Fatah el-Sisi, ha rivolto un appello a rivoluzionari, ai vertici della moschea al Azhar, copti, giudici, giornalisti e alla società civile egiziana per riavviare nella giornata di oggi il dialogo nazionale. Mentre Mohammed Morsi ha chiarito che l’invito al confronto viene prima di tutto dalla presidenza. Due manifestazioni di segno opposto si sono tenute ieri al Cairo. La prima nel quartiere Medinat Nassr, è stata organizzata dai Fratelli musulmani per sostenere il «sì» alla nuova costituzione in occasione del referendum del prossimo 15 dicembre. La seconda si è tenuta intorno al palazzo presidenziale di Heliopolis. Hanno preso parte all’assedio del palazzo di Ittahedeia, le opposizione, dai socialisti ai liberali, dai copti ai movimenti giovanili, chiedendo la cancellazione o il boicottaggio del voto. Ieri mattina, in piazza Tahrir, 10 persone sono rimaste ferite in un’aggressione da parte di uomini non identificati.Infine, il 90 per cento dei giudici si è rifiutato di supervisionare il voto. Secondo la televisione al-Arabiya, per questo motivo il referendum potrebbe tenersi in due date: il 15 e il 22 dicembre. L’Egitto si prepara al voto in un clima di estrema tensione.



http://it.radiovaticana.va/news/2012/12/12/nuove_manifestazioni_in_egitto,_i_militari_tentano_la_mediazione/it1-646759
http://www.news.va/it/news/nuove-manifestazioni-in-egitto-i-militari-tentano