giovedì 17 gennaio 2013

Nella nuova Carta non c’è giustizia


EGITTO · Intervista al socialista Khaled Ali, tra i candidati alle passate elezioni presidenziali

Nella nuova Carta non c’è giustizia

Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Parliamo con Khaled Ali, leader del partito socialista e tra i candidati alle elezioni presidenziali. Ali ha subito gravi minacce lo scorso giugno in seguito alla campagna da lui promossa contro i poteri giudiziari alla polizia militare stabiliti dal Consiglio supremo delle Forze armate.
Quali sono i limiti alle libertà sindacali nella nuova Costituzione?
«La nuova Carta è pericolosa per i diritti sociali. Potrebbero sparire le organizzazioni dei lavoratori e non basterà una notifica al governo per la formazione di un sindacato. Così non verranno applicati i criteri stabiliti dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) sui regolamenti sindacali. Addirittura se il consiglio direttivo viene ritenuto responsabile di crimini civili o penali, il governo potrà dissolvere un sindacato. Ma lo stesso principio non viene applicato ai sindacati professionali di medici, avvocati e ingegneri».
Ma su queste questioni tutto dovrebbe dipendere dalle leggi e dai regolamenti applicativi?
«Più in generale tutto dipenderà dalla maggioranza parlamentare e quale interpretazione vorrà dare del testo Costituzionale. È evidente che nella nuova fase di transizione in cui gli islamisti già controllano la Shura (Camera alta, ndr) e con un prevedibile successo alle prossime elezioni parlamentari, per i diritti sociali sarebbe un disastro».
Nella nuova Costituzione non è prevista una vera lotta contro le disuguaglianze sociali?
«Tutti i richiami ai diritti sociali in questo testo sono solo metaforici. Viene concessa la proprietà della terra a non egiziani, non si pongono limiti massimi alla proprietà delle terre coltivabili. Non solo, è più semplice aggirare la questione delle pensioni minime e dei salari massimi rispetto alla Costituzione del 1971. Non vengono posti tetti massimi ai salari del presidente e dei ministri. Poi, questa Carta apre alla privatizzazione del Nilo, delle sue rive e delle sue acque per l’irrigazione. Più in generale non proibisce gli abusi alle risorse naturali. Infine, diminuisce la quota di lavoratori nei consigli direttivi delle aziende pubbliche da metà a un quarto».
Tuttavia, esistono laceranti contraddizioni tra la base elettorale, composta di poveri e classi disagiate, degli islamisti e la leadership della Fratellanza?
«I Fratelli musulmani non hanno nessuna intenzione di assicurare giustizia sociale ma solo di fare propaganda e promuovere assistenzialismo. Non solo, mancano totalmente di capacità di gestione dei conti pubblici. La Carta parla di pensioni ma non dice dove ricavare una quantità così ingente di risorse. Addirittura nella Costituzione del 1971 si parlava di salario minimo senza eccezioni, ora vengono posti dei limiti sui soggetti che avranno diritto ad averlo».
Eppure esiste un movimento giovanile islamista che simpatizza con i diritti dei lavoratori e protesta nelle fabbriche insieme agli operai, non è così?
«Ogni riforma del mercato del lavoro che parta dall’interno della Fratellanza è impossibile. Ho sempre pensato che ci fossero interessi comuni tra la base dei Fratelli musulmani e i lavoratori egiziani. Ora non lo penso più. La base giustifica le decisioni della leadership in tutto e per tutto. Si comportano come un branco e seguono le indicazioni di partito. Certo, esistono politici e attivisti critici verso il movimento, ma lo hanno già lasciato nei mesi scorsi».
Secondo Khaled Ali, le procedure di voto per il Referendum della Carta costituzionale sono state manipolate dai Fratelli musulmani?
«Questo referendum è un colpo di mano della Fratellanza. Ci sono stati gravi episodi di frodi elettorali. Molti esponenti di Libertà e giustizia si sono sostituiti ai giudici. Questo è contro la legge. Centinaia di schede bianche, o non firmate dagli scrutatori, sono state rinvenute all’esterno dei seggi. Ma l’intero processo di scrittura della Costituzione è illegale. Dopo la dichiarazione presidenziale, oltre il 60% dei giudici ha rifiutato di supervisionare il voto. E solo questo basterebbe a renderlo nullo».
Cosa possono fare le opposizioni per arginare quella che lei descrive come una deriva anti sociale promossa dai Fratelli musulmani?
«Lo sciopero è il messaggio principale per la resistenza al regime. Per esempio, dopo il decreto presidenziale la cosa che più ha messo in allarme la leadership dei Fratelli musulmani è stato lo sciopero di giudici, corti e sindacati dei magistrati. Hanno innescato una vera resistenza sociale che è stata efficacissima nel motivare gli egiziani a votare contro la nuova Costituzione. E poi gli operai non hanno alternative se non continuare a scioperare ad oltranza per i loro diritti, messi in discussione due volte: dall’esercito e dagli islamisti».

Questo articolo è apparso su Il Manifesto del 19 dicembre 2012





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