martedì 11 dicembre 2012

Centinaia di arresti e barricate al Cairo



INTERNAZIONALE


EGITTO · Quarto giorno di proteste

Centinaia di arresti e barricate al Cairo
Giudici e giornalisti ritornano in piazza La borsa in picchiata. Morsi tenta il dialogo con i magistrati

Giuseppe Acconcia





Sono riapparse le barricate intorno ai palazzi delle istituzioni nel centro del Cairo. Non solo, sono oltre 260 gli arresti dall’inizio delle manifestazioni per ricordare la strage di via Mohammed Mahmoud e protestare contro la dichiarazione costituzionale temporanea che ha ampliato i poteri del presidente Mohammed Morsy. Non solo, secondo il ministero degli interni, almeno 160 poliziotti sono rimasti feriti negli scontri.
La tensione e l’incertezza sui prossimi passi di Libertà e giustizia, partito della Fratellanza, da una parte, di giudici e attivisti, dall’altra, hanno generato il fermento di queste ore nelle strade del Cairo. Le richieste di abbassare i toni dello scontro non hanno sortito effetti. E i riflessi sull’altalenante mercato finanziario egiziano sono diventati evidenti in poche ore, con la borsa che ha chiuso per eccesso di ribasso. Alla fine delle contrattazioni le perdite si attestavano al 9,6 per cento. 
Mentre il Consiglio della magistratura, che aveva definito il decreto un attacco senza precedenti all’indipendenza dei giudici, ha invitato ieri a non scioperare. La richiesta di fermare le proteste, è venuta dopo la la convocazione della presidenza della repubblica di rappresentanti della magistratura. La mediazione con i giudici è stata affidata a Ahmed Mekky, il ministro della giustizia. Nella giornata di sabato erano stati indetti scioperi in tutto il paese di tribunali e procure. Lo scontro tra giudici è arrivato al culmine nel pomeriggio di ieri, quando si tenevano assemblee separate di magistrati sulla legittimità del decreto Morsy. Centinaia di giudici hanno tenuto un’assemblea generale straordinaria del sindacato dei giudici nei pressi del palazzo di giustizia in via 26 luglio al centro del Cairo. Secondo loro, il presidente ha calpestato l’indipendenza della magistratura e la sua giurisdizione. Le corti di Alessandria, Qalioubiya, Beheria, nel Delta del Nilo sono in sciopero da sabato. Anche esponenti politici di opposizione si sono uniti alle manifestazioni. Tra loro il procuratore generale licenziato da Morsy, Abdel Meguid Mahmoud. Ha severamente accusato «il ministero dell’interno di bloccare le indagini contro i responsabili di violenze contro i manifestanti, a partire dalle proteste del 25 gennaio 2011».
Ma anche i giornalisti sono insorti ieri. Il sindacato dei giornalisti egiziani ha deciso di indire uno sciopero generale della stampa. Non solo, molti giornalisti parteciperanno alle manifestazioni di piazza indette per protestare contro il presidente il prossimo martedì. La decisione fa seguito ai continui attacchi alla libertà di stampa dovuti alla chiusura di quotidiani e televisioni non gradite alla Fratellanza.
«Combatteremo contro ogni tentativo di imbavagliarci», ha detto Galal Aref, ex presidente del sindacato dei giornalisti, durante un'infuoca assemblea straordinaria durante la quale è stato impedito a Mahmoud el-Waly, presidente in carica del sindacato, di prendere la parola. El-Waly è accusato, soprattutto da giornalisti liberali e di sinistra, di essere vicino ai Fratelli Musulmani. Le contestazioni più dure vengono per la nomina dei direttori di vari giornali governativi, in gran parte vicini alla Fratellanza. 
D’altra parte, Ahmed Fahmi, politico dei Fratelli musulmani e presidente della Shura (Camera alta), la cui legittimità è stata confermata dal decreto presidenziale dello scorso giovedì, a sorpresa ha criticato la decisione di rendere inappellabili i decreti presidenziali. È solo una delle figure vicine al presidente che negli ultimi giorni hanno deciso di sottrarre l’appoggio all’ultimo discusso atto di Morsy. «Speravamo che la dichiarazione costituzionale venisse approvata da un referendum. Con questa decisione il presidente ha diviso il paese tra islamisti e civili», ha detto Fahmi invitando a riprendere il dialogo per l’unità nazionale.
Il grande assente di questi giorni è l’esercito. Non ha commentato le decisioni del presidente, nonostante incidano direttamente sulla dichiarazione costituzionale della giunta militare dello scorso giugno. In realtà, l’esercito ha avuto un ruolo essenziale nel negoziare la tregua con il governo israeliano che ha portato al cessate il fuoco siglato al Cairo giovedì. Non solo secondo molti attivisti, la bozza di nuova costituzione non tocca i poteri della giustizia militare. Chi si oppone all’indipendenza delle corti militari dalla giustizia ordinaria chiede che venga riconosciuto agli imputati in processi militari il diritto di fare appello alla giustizia civile. In più, gli attivisti spingono per la supervisione dei giudici sulle corti militari. Questa controversia cruciale dimostra come il peso dei militari nella gestione politica in Egitto sia solo apparentemente ridimensionato. E così, lo scontro tra islamisti e opposizione laica diventa lacerante e si riflette nelle divisioni interne alla magistratura, al giornalismo e all’esercito.


Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
lunedì 26 novembre 2012
http://www.ilmanifesto.it


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