domenica 22 luglio 2012

Agenzia stampa Infopal. La Primavera egiziana


Intervista a Giuseppe Acconcia: “La Primavera egiziana”





Nell’ambito dell’inchiesta della nostra redazione sulle “primavere arabe” e i nuovi scenari mediterraneo-mediorientali, abbiamo intervistato il collega Giuseppe Acconcia, corrispondente dal Cairo per diverse testate giornalistiche italiane e straniere, e autore de “La Primavera egiziana”, per le edizioni Infinito.
Il Cairo – InfoPal. Di Angela Lano.
Le elezioni presidenziali egiziane hanno portato alla vittoria due candidati di schieramenti opposti: una contrapposizione tra vecchio regime e islamismo. Che prospettive ci sono?
“Il ballottaggio per le presidenziali egiziane non poteva tenersi in un clima più incerto. Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro nominato d Mubarak rischia l’esclusione. La Corte Costituzionale, il 14 giugno, deciderà sulla sua ammissibilità in base alla legge che impedisce ai leader del vecchio regime di candidarsi. Mohammed Mursi, vincitore del primo turno con soli 200mila voti di scarto, ha chiamato i suoi sostenitori a scendere di nuovo in piazza. Più volte ha fatto riferimento ad una presidenza a tre insieme a Hamdin Sabbahi e Aboul Fotuh, rispettivamente terzo e quarto classificato. Ma i giovani rivoluzionari sono per il boicottaggio del secondo turno”.
Com’è andato il primo round elettorale? Ci sono notizie di brogli, di voti comprati…
“Soprattutto il candidato islamista moderato Abul Fotuh, insieme al socialista/nasserista Sabbahi, hanno denunciato brogli. Il dito è stato puntato contro i militari che secondo la legge egiziana non possono votare. Invece, 900mila soldati avrebbero votato per Mursi. Tuttavia i ricorsi presentati in questo senso non sono stati ammessi dalla commissione elettorale. Molti attivisti politici hanno denunciato poi l’assenza, nei seggi, di rappresentanti di lista, e voto di scambio (pagato fino a 1000 ghinee 130 euro) e voto plurimo. Secondo la stampa indipendente, le liste elettorali sono incomplete o includono persone decedute o non aventi diritto di voto”.
Anche el-Baradei propone di cancellare le elezioni e di riscrivere la costituzione… Quali sono le sue previsioni?
“Il punto di vista di Baradei è condiviso dall’intero blocco liberale. L’ex direttore dell’Aiea viene ora chiamato in causa sia da Mursi che da Shafiq per un possibile governo di unità nazionale. Di sicuro lo stop delle rivolte è direttamente legato all’agenda stabilita dall’esercito che ha impedito la riscrittura della Costituzione prima di avviare le procedure elettorali. E così il referendum del marzo 2011 e l’annunciata dichiarazione costituzionale sui poteri del presidente della Repubblica hanno privato il Parlamento di ogni potere decisionale e lasciato tutto nelle mani del Consiglio supremo delle Forze armate”.
I giovani sembrano delusi e, come ha accennato, stanno proponendo una campagna di boicottaggio (movimento ”Boycotters Campaign”, movimento del 6 aprile) del secondo turno elettorale. Che possibilità hanno di realizzare il loro obiettivo?
“Le elezioni si terranno regolarmente. Il Parlamento è arrivato ad un accordo sull’Assemble costituente che ha ridimensionato il numero di seggi destinato agli islamisti e aumentato i posti disponibili per la società civile. Di sicuro, il movimento per il boicottaggio avrà molto seguito. Gli attivisti sono delusi sia per il risultato delle presidenziali che per la setenza al processo Mubarak che ha di fatto prosciolto i suoi figli, Ala’a e Gamal, e i dirigenti della polizia che hanno materialmente ordinato di sparare sui manifestanti”.
Nel suo libro parla molto dei giovani protagonisti di piazza Tahrir. Cosa si aspettano dall’Egitto, oggi? In cosa ripongono la fiducia? O la sfiducia?
“I giovani egiziani sono estremamente delusi, pensano che la rivoluzione sia finita con il risultato elettorale, non si fidano né di Mursi né di Shafiq. Alla vigilia delle presidenziali, era il giuslavorista Khaled Ali a raccogliere il voto giovanile, confluito nel cartello elettorale Thaura Mustamarra(“Rivoluzione continua”). A conquistare il voto dei giovani dell città, dal Cairo a Alessandria e Suez, è stato invece Hamdin Sabbahi. Anche attivisti del movimento “6 aprile” (fondato nella primavera del 2008 a sostegno dei lavoratori in sciopero a Mahalla el-Kubra) – che hanno svolto un ruolo decisivo nelle proteste contro Mubarak – hanno espresso il loro sostegno per Sabbahi. I giovani rivoluzionari, insieme agli ultras della principale squadra di calcio egiziana, Al-Ahly, hanno continuato a denunciare il veto opposto dal Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) in accordo con la Fratellanza musulmana. E così i movimenti hanno manifestato prima contro il referendum costituzionale del 19 marzo 2011, che di fatto ha mantenuto in vigore la legge di emergenza, e, in seguito, contro la legge elettorale che ha favorito la Fratellanza. I giovani dei movimenti hanno deciso, quindi, di non formare partiti politici, di boicottare le elezioni parlamentari, di opporsi duramente ai continui arresti di blogger e alle perquisizioni di Ong, disposte dall’esercito.
“Lo scontro tra vecchia e nuova generazione non ha segnato soltanto i movimenti secolari. I giovani della Fratellanza, quando il movimento islamista ha lasciato la piazza per raccogliere la schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari, hanno dato vita alla formazione Tyar el-Masri. Questi giovani islamisti hanno individuato in Abou el-Fotuh, medico sessantenne, il loro candidato ideale per le presidenziali. Fotuh è ora tra i favoriti per il ballottaggio del prossimo giugno che designerà il nuovo presidente egiziano. Per le sue posizioni riformiste e progressiste, Fotuh è stato immediatamente espulso dalla fratellanza. L’islamista moderato ha svolto la sua campagna per strada, nei quartieri popolari e ha sfidato Amr Moussa nell’unico dibattito televisivo di questa accesa campagna elettorale. D’altra parte giovani liberali e cristiani, accantonata la figura controversa di El Baradei, hanno rivolto il loro sguardo verso Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba. “Uno stato, una nazione”: è lo slogan elettorale dell’anziano diplomatico. Molti giovani cristiani voteranno per lui o per l’altro grande favorito, Ahmed Shafiq. Uomo di regime, amministratore delegato delle Linee aeree egiziane, Shafiq raccoglie grande seguito tra i giovani militari e i nostalgici di Mubarak. L’imprenditore ha avvertito, fuori dai seggi, quanto potrebbe costare alla stabilità del paese una nuova vittoria islamista. In risposta, è stato fatto bersaglio di un lancio di scarpe senza precedenti da parte dei sostenitori di altri candidati”.
Che seguito hanno i Fratelli Musulmani e qual è il loro disegno politico in Egitto?
“I Fratelli musulmani in Egitto controllano il partito politico meglio strutturato e radicato sul territoritorio. Godono del sostegno di molti sheykh che nelle preghiere del venerdì invitano i fedeli a votare per i candidati della fratellanza. Infine controllano sindicati e opere caritatevoli attraverso le quali si sono sostituiti allo stato soprattutto tra gli strati popolari disagiati. Tuttavia, perseguono un discorso poitico moderato e ambiguo per un’interpretazione flessibile della legge islamica. In altre parole, di fronte alla gestione politica, mantengono ancora una struttura di partito gerontocratica e antidemocratica”.
La Questione palestinese che spazio ha nel panorama politico egiziano attuale?
“Il Cairo è il centro dei colloqui tra Hamas e Fatah per il riconoscimento dello stato palestinese e la formazione di un governo di unità nazionale. Nabil el-Arabi, ex ministro degli esteri del governo di trasizione di Essam Sharaf e ora segretario della Lega Araba è stato in questi mesi il principale mediatore tra i partiti politici palestinesi. A questo si aggiunge la mediazione continua tra Hamas e i dirigenti dei fratelli musulmani egiziani, in particolare Khayrat al-Shater e Essam el-Arian”.
E la relazione e i trattati con Israele?
“Il trattato di pace con Israele non è messo in discussione da nessuna delle forze politiche egiziane. Anche i Fratelli musulmani, che in passato si sono espressi per una revisione del trattato, hanno confermato il loro pieno appoggio agli accordi già definiti. Il principale garante del mantenimento dello status quo è, in questo momento, l’esercito che ha contatti diretti con l’esercito israeliano. Neppure una revisione sulla questione della demilitarizzazione del Sinai, messa sul tavolo da Nabil el-Arabi, durante il suo ministero, sembra ora avere un piano effettivo di applicazione”.
Cristiani e musulmani in Egitto: contrasti, scontri e intese. Quale situazione può descrivere?
“Lo scontro settario tra cristiani e musulmani è stato innescato dall’esercito attraverso i movimenti salafiti. Quanto meno i militari hanno la responsabilità di non essere intervenuti nelle principali stragi di cristiani dei mesi successivi alla rivoluzione: Moqattam, Embaba, Helwan. Tuttavia, dopo la strage di Maspero dell’ottobre scorso, quando hanno perso la vita 100 tra attivisti copti e di movimenti politici, nei nuovi casi di possibile settarismo la polizia militare è intervenuta prontamente. E’ vero che molti copti hanno lasciato il paese e che sono sottorappresentati nelle istituzioni egiziane (solo 7 nel nuovo parlamento). Per questo motivo essi oggi vedono in Shafq l’unco possibile difesore della stabilità per la loro comunità, in continuità con il regime di Mubarak”.
Secondo lei, il “Leone africano” tornerà a imporsi sulla scena mediterraneo-mediorientale? O è stato definitivamente sostituito da Turchia e Iran?
“L’Egitto accanto al panarabismo ha sempre avuto un’aspirazione pan-africana. E’ lì che può ancora fare molto. Ad esempio nella stabilizzazione del Sudan, nella divisione equa delle acque del Nilo con l’Etiopia. Tuttavia, questo anno e mezzo di stallo non ha favorito i rapporti con gli altri paesi africani. E’ vero però che i giovani egiziani insieme ai tunisini sono un esempio vivo di lotta e opposizione all’autoritarismo in Africa e in Medio Oriente”.
Vede uno scontro regionale tra sunnismo e sciismo? Insomma, una fitna all’interno dell’Islam e dei Paesi islamici?
“Questo è un tema che ha radici antiche. In merito alle relazioni tra Egitto e Iran, restano tuttora congelate nonostante gli sforzi dell’ultimo governo egiziano. Più che tra sciismo e sunnismo, c’è una tensione nella gestione politica tra islamismo politco e gerarchie militari che trova soluzioni diverse in ogni paese. Mentre per gli Stati Uniti, da una parte, gli sciiti sono il grande pericolo in Medio Oriente, dall’altra, i sunniti sono diventati interlocutori convincenti. Le cospirazioni interne non sono per ora all’ordine del giorno in Egitto né tra i militari, dove potrebbero emergere quando lasceranno il potere, né tra gli islamisti, dove potrebbero emergere qualora conquistassero il potere”.



http://www.infopal.it/intervista-a-giuseppe-acconcia-la-primavera-egiziana/

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