lunedì 4 giugno 2012

Shafiq contro Mursi: gli errori dei Fratelli musulmani e il successo socialista


Dopo i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali, gli egiziani sono di nuovo di fronte alla scelta consueta: il nazionalismo di Ahmed Shafiq o l’islamismo dei Fratelli musulmani? La risposta immediata dei giovani rivoluzionari è boicottare il ballottaggio del 16 e 17 giugno. Da una parte, Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro scelto da Mubarak, incarna il vecchio regime. Ha passato il turno grazie al voto degli impiegati delle amministrazioni pubbliche, degli ex appartenenti al Partito nazionale democratico e di gran parte della minoranza cristiano-copta. Dall’altra, Mohammed Mursi, vincitore delle elezioni con soli 264.000 voti di scarto da Ahmed Shafiq, è l’islamista conservatore, uomo dell’unico grande partito egiziano, Libertà e giustizia. In verità, il Consiglio supremo delle Forze armate ha manipolato ancora una volta gli islamisti. Alle ampie concessioni che hanno permesso alla Fratellanza di ottenere la maggioranza in Parlamento e nell’Assemblea costituente, ha fatto seguito l’esclusione di Khayrat al-Shater, leader carismatico dei Fratelli musulmani, e Abu Ismail, candidato salafita, dalla competizione per le presidenziali. E così Libertà e giustizia ha perso non pochi seggi rispetto alle elezioni Parlamentari.
Tuttavia, i voti in uscita dalla Fratellanza sono andati verso il nascente blocco socialista-nasserista, guidato da Hamdin Sabbahi, e l’islamista rifomista, Aboul Fotuh. Hamdin Sabbahi ha ottenuto un insperato terzo posto, raccogliendo voti dei quartieri popolari urbani al Cairo, Giza e Alessandria, della classe media e intellettuale. Mentre Aboul Fotuh, leader dei giovani che hanno lasciato la Fratellanza in opposizione con la vecchia nomenclatura e di tanti attivisti dei movimenti, ha criticato aspramente l’operato della Commissione elettorale. E’ venuta dal suo quartier generale di Garden City la denuncia di procedure elettorali in molti casi non trasparenti, con un meccanismo di controlli della giustizia ordinaria non capillare e con prove di infrazioni evidenti della legge che impedisce al personale militare di votare.
D’altra parte, grandi sconfitti del primo turno sono i liberali. Amr Moussa ha ottenuto un quinto posto deludente. Il basso profilo che ha mantenuto durante la campagna elettorale non ha evitato le accuse di essere un feloul, uomo del vecchio regime. La colpa principale imputabile ai liberali è di non aver imposto la riscrittura della Costituzione prima degli appuntamenti elettorali. E così gli egiziani sono andati alle urne senza conoscere quali saranno i poteri del nuovo presidente e le prerogative del primo ministro.
E’ su questo che ora Shafiq e Mursi puntano. Entrambi tentano di ottenere il supporto del grande escluso da questa competizione, Mohammed el-Baradei. Il leader del movimento Sviluppo e Riforma ha chiamato alla formazione di un governo di unità nazionale in un contesto di illegittimità del risultato elettorale. Shafiq e Mursi hanno quindi nelle loro mani l’opportunità di indicare il possibile primo ministro prima del ballottaggio. Questo potrebbe motivare molti giovani a votare per l’uno o l’altro candidato. Puntare su un liberale o un socialista come primo ministro permetterebbe a Mursi di ridimensionare il pericolo islamista, invocato da ogni lato nel caso in cui i Fratelli musulmani controllassero Parlamento e presidenza della repubblica. D’altra parte, l’apertura verso il fronte secolare consentirebbe a Shafiq di polarizzare il voto anti-islamico puntando su una celere uscita di scena del Consiglio supremo delle forze armate.
Questi sono giorni cruciali per le rivolte egiziane inziate il 25 gennaio 2011. Il Parlamento sta per approvare le nuove regole per la formazione dell’Assemblea costituente dopo lo stallo degli ultimi mesi che ha determinato il boicottaggio dei liberali. Per il due giugno è attesa la sentenza del processo a Mubarak in cui è accusato di aver ordinato di sparare contro i manifestanti. Mentre incombe il 30 giugno. Secondo l’agenda definita dall’esercito, quel giorno il potere dovrebbe tornare ad un governo civile. La tristezza della piazza all’annuncio del risultato elettorale ha ampia giustificazione. Ma tra islamismo e nazionalismo, sembra formarsi un nuovo spazio di rappresentanza politica per l’antagonismo di piazza.

Giuseppe Acconcia
venerdì 1 giugno 2012

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