giovedì 17 novembre 2011

I Fratelli Musulmani fuori dal Parlamento egiziano

Egitto, alle politiche del 5 dicembre stravince il partito del presidente
Mubarak senza opposizione
Il leader si prepara al settimo mandato. Fuori i Fratelli Musulmani
Il Partito Nazional Democratico (Pnd) di Mubarak ha trionfato nelle elezioni parlamentari del 5 dicembre scorso, conquistando 420 dei 508 seggi disponibili. L’affluenza alle urne è stata molto bassa. Solo il 35% degli elettori ha votato al secondo turno. Terribile il bilancio del primo turno, tenutosi il 28 novembre. Secondo l’Associazione egiziana per i diritti umani, almeno otto persone sono rimaste uccise durante le dimostrazioni fuori e dentro i seggi elettorali delle principali città egiziane. Numerose le denunce di brogli da parte di attivisti e organizzazioni internazionali. E così, Mubarak, 82enne presidente egiziano, si prepara alle elezioni presidenziali del 2011 con un Parlamento monocolore. Il rafforzamento del Pnd apre la strada ad una sua possibile ricandidatura per il settimo mandato consecutivo. Oppure rende più agevole il passaggio di consegne a suo figlio Gamal.
La maggiore forza di opposizione, i Fratelli Musulmani, è sparita dal Parlamento. Se nel 2005, la confraternita, che per legge non può essere un partito politico, conquistò 88 deputati, eletti come indipendenti, nel 2010, solo Magdi Ashour, è stato eletto tra i 135 candidati del movimento. I principali leader dei Fm gli hanno chiesto di rinunciare. «Siamo fuori dal Parlamento, ma questo non significa che siamo assenti dalla politica egiziana e nella scena sociale», ha dichiarato Essam El Arian, capo dell’ufficio politico dei Fm. Ed è sempre andata così. Nel confronto tra il movimento islamista e i partiti al governo sin dai tempi di Nasser, ogni arretramento politico dei Fm ne ha rafforzato la presenza nella vita sociale: dalle associazioni caritatevoli alle moschee, dalle scuole ai sindacati. Le altre forze di opposizione presenti nel nuovo Parlamento, il partito liberale, Wafd, il partito comunista, Tagammu, hanno conquistato appena 10 seggi. Eppure non ci sono solo ombre nel nuovo Parlamento egiziano. 378 erano le donne candidate ad entrare nell’Assemblea. 64 sono state elette secondo le “quote rosa” stabilite da una legge del 2009. Mentre è ancora esiguo il numero dei cristiani copti che hanno avuto accesso alla competizione elettorale. A questo punto, le opposizioni potrebbero puntare ad un’incerta alleanza con l’Associazione Nazionale per il Cambiamento, neonato movimento di El Baradei, ex direttore generale dell’Aiea.
La neoeletta Assemblea parlamentare dovrà affrontare nei prossimi mesi alcuni nodi cruciali per il futuro del Paese. Primo fra tutti, la riforma della legge di emergenza in vigore da 29 anni. In secondo luogo, riforme economiche, urgenti per l’aumento del costo della vita e gli alti tassi di impoverimento. Secondo le Nazioni Unite, il 30 per cento degli egiziani vive con meno di un dollaro al giorno. Questo ha determinato forte scetticismo nei confronti del regime. Anche la comunità egiziana campana condivide questo sentimento. Alcuni studenti dei corsi di italiano, organizzati dall’Associazione “La tenda” in Via Fiera Vecchia a Salerno, sostengono che «queste elezioni sono state una farsa. Mubarak guida un regime autoritario. Sono stati eletti solo uomini d’affari a lui vicini». Tra loro, Ahmad Wahba, 22 anni, (in Egitto studente di Medicina, in Italia lavora in un Phone Centre) aggiunge: «che non ci siano i Fratelli Musulmani in Parlamento non mi spaventa. Da decenni sono conniventi con il potere».
Queste elezioni hanno rafforzato il sentimento di sfiducia nella politica da parte degli egiziani, costretti ad uno sviluppo economico non equilibrato, diviso tra islamismo e secolarismo.
GIUSEPPE ACCONCIA

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