martedì 11 ottobre 2011

Il dissenso, le ong e la repressione in Iran

La possibilità di un attacco armato degli Stati Uniti contro l’Iran e la vittoria di Ahmadinejad hanno bloccato l’opposizione politica al regime iraniano e ridimensionato ogni forma di dissenso civile.
Le applicazioni restrittive dei regolamenti per gli esoneri all’arruolamento nell’esercito e le limitazioni ai diritti dei riservisti confermano lo stato di allerta del regime iraniano per far fronte ad un possibile attacco militare. Inoltre, la vittoria di Ahmadinejad ha di fatto annullato la flebile opposizione politica del movimento riformista. Il presidente dispone di poteri limitati, sovrapponibili a quelli del suo predecessore Khatami, e non sta agendo per ridimensionare l’elite religiosa che continua a controllare i principali centri del potere politico, economico e militare del paese.
Dall’elezione di Ahmadinejad fino alla famosa dimostrazione studentesca al Politecnico Amirkabir di Teheran, quando sono state bruciate foto del presidente iraniano ed è stato urlato lo slogan “Vai fuori fascista!”, tutti i gruppi studenteschi di opposizione hanno subito intimidazioni. Sono stati chiusi giornali universitari ed è stato limitato l’accesso degli studenti ai corsi anche se non si hanno notizie di arresti sommari o di torture.
“Mi hanno impedito di iscrivermi all’Università. -dice Jolan, studente del Politecnico di Teheran- e nel primo semestre di quest’anno lo hanno fatto con tanti altri studenti. Hanno impedito a molti altri di proseguire i loro studi. Hanno intenzione di eliminare qualsiasi voce di dissenso, ma con azioni meno aggressive che in passato. Cercano di agire per limitare il dissenso con mezzi legali poiché tutto il potere è nelle loro mani. Hanno chiuso 52 giornali studenteschi e minacciato molti altri attivisti politici eletti alle elezioni universitarie.”
L’unico quotidiano apertamente riformista, Shargh (Est), è stato chiuso nell’autunno del 2006. Molti giornalisti di Shargh hanno tentato di aprire un nuovo quotidiano, Roozgar, chiuso dopo pochi giorni. Alcuni giornalisti di Shargh e di Roozgar lavorano ora per Etemad Melli, quotidiano di Karroubi, presidente del Parlamento durante gli anni di governo riformista. Sempre più spesso, giornalisti dissidenti della carta stampata si trasformano in blogger, in un paese dove, secondo Internet World Stat, ci sono 7,5 milioni di utenti. Sin dal 2004, Reporters sens frontieres ha segnalato vari arresti di blogger e chiusure di siti di dissidenti politici. Anche in questo settore, la strategia del regime negli ultimi mesi appare determinata. E’ stato aperto un registro ufficiale dei siti web, sono stati ampliati i limiti per la censura ai contenuti, in precedenza rivolti ai soli siti “immorali e pornografici”, e si è tentato di rallentare la velocità di connessione alla rete.
Negli anni di governo riformista sono nate più di 15mila organizzazioni non governative (Ong). I limiti nell’attività politica e giornalistica e il sostegno di finanziamenti internazionali hanno spinto molti attivisti ad impegnarsi nell’organizzazione di gruppi per la difesa dei diritti umani. Con l’aumento del numero di Ong si è accentuato, però, l’intervento e il controllo governativo sulle loro attività.
“Le prime Ong sono nate per la volontà delle autorità religiose di difendere la Rivoluzione tramite attori non statali impegnati in azioni caritatevoli”, dichiara Sayyd, più volte in prigione ed ora impegnato in un’Ong per la difesa dei diritti umani. “Le organizzazioni nate negli anni di governo riformista hanno proposto, invece, un più ampio coinvolgimento della società civile. Si è affermato, poi, un nucleo forte di Ong per la difesa dei diritti umani. Negli ultimi anni, in seguito alla vittoria di Ahmadinejad, le Ong sono state letteralmente occupate dai Riformisti, lentamente estromessi dal potere politico. Questo ha provocato un danno irreparabile al settore. Il timore di Ong controllate dai Riformisti ha determinato anche in questo ambito un’ondata intimidatoria e di chiusure simile a quella registrata nel giornalismo.” Nei primi anni di presidenza Ahmadinejad sono stati imposti limiti anche alla creazione di Ong. Nonostante ciò, sta avendo un importante successo l’iniziativa, avviata nell’estate 2006, “One million signatures for women’s rights”, sostenuta da varie Ong, tra cui Khanaye Seffed Mehr impegnata nell’affermare un trattamento paritario di uomini e donne nel diritto successorio, nelle procedure processuali, nell’affidamento dei minori.
Quanto al clero, continua la repressione di religiosi critici dell’assetto istituzionale post-rivoluzionario. Gli ayatollah Borujerdi e Montazeri infatti, contrari alla commistione tra religione e politica, sono il primo in prigione ed il secondo agli arresti domiciliari. Ancora una volta, in un contesto di diffusa militarizzazione e di totale chiusura politica, l’opposizione al regime viene da azioni promosse dalla società civile: da studenti, giornalisti e Organizzazioni non governative. Al contrario di quanto si possa immaginare, non esiste una repressione violenta di queste dimostrazioni di dissenso, ma azioni intimidatorie. Ciò è possibile perché si tratta di manifestazioni che richiamano poche persone e che non preannunciano un vero movimento di opposizione popolare.
L’assenza di una repressione violenta del dissenso civile dimostra comunque la forza del regime iraniano. La possibilità di un attacco armato e la vittoria di Ahmadinejad stanno indebolendo la società civile iraniana, già ridimensionata e frammentata in seguito al fallimento del movimento riformista e all’assenza di un’opposizione religiosa al regime.

Giuseppe Acconcia
Lettera 22, Il Riformista

Nessun commento:

Posta un commento