mercoledì 19 ottobre 2011

Hezbollah: tra resistenza armata e partecipazione politica

Il recente conflitto israelo-libanese ha reso protagonista il movimento sciita libanese Hezbollah ed il suo leader Hasan Nasrallah. In questa scheda si ricostruisce il ruolo della comunità sciita nel sistema confessionale post-coloniale libanese, la nascita e l’evoluzione di Hezbollah sino alla partecipazione alle elezioni politiche del 1992 e al dialogo nazionale successivo al ritiro siriano. Si tenta, poi, di far luce sui legami ideologici di Hezbollah con i gruppi sciiti della regione e di ricostruire la strategia armata del movimento. Il nuovo conflitto israelo-libanese riapre, infine, gli irrisolti quesiti sul futuro del Libano e del sistema confessionale.



La nascita di Hezbollah

Negli anni in cui il Libano ottenne l’indipendenza dal mandato francese, il sistema confessionale stabilito dal Patto Nazionale del 1943 concesse poco spazio alla comunità sciita libanese. Mentre il presidente del nuovo stato libanese sarebbe stato scelto tra i cristiano-maroniti ed il primo ministro tra i musulmani-sunniti, i musulmani-sciiti avrebbero ottenuto la sola carica di presidente del Parlamento. Più in generale, il sistema confessionale prevedeva un meccanismo per cui i cristiani-maroniti avrebbero ottenuto tanto in Parlamento quanto nelle cariche di governo in ogni caso la maggioranza, nonostante l’intera comunità musulmana e druza contasse già una popolazione superiore rispetto alla componente cristiana. In particolare, secondo il censimento del 1932, la comunità sciita libanese rappresentava già allora il 20% della popolazione del paese ed era collocata nella valle della Bekaa, nelle regioni meridionali e nella periferia del sud di Beirut. Lo stato di arretratezza di queste terre rispetto alle regioni settentrionali e alla città di Beirut sembrava particolarmente grave in un contesto di generale disparità sociale e di gestione del potere da parte di elite terriere delle varie comunità di appartenenza.


Da una parte, l’urbanizzazione e la modernizzazione del paese, favorite dalle riforme avviate dal presidente Shihab (1957-1964) che intaccavano il vecchio sistema elitario e, dall’altra, le guerre israelo-arabe del 1948 e del 1967 determinarono un processo di rapida politicizzazione della comunità sciita libanese. Le prime rivendicazioni degli sciiti libanesi vennero da alcuni mullah, ex studenti delle città di Qom in Iran e Najaf in Iraq. Infatti, Musa al-Sadr, insegnante di diritto islamico della città di Qom, fondò nel 1969 l’“Alto Consiglio degli sciiti” per lo sviluppo della comunità sciita libanese, per sostenere la resistenza palestinese e per una sempre più ampia partecipazione politica in favore delle classi sociali sfavorite dal sistema confessionale. Questo gruppo confluì nel 1975 nel movimento politico Amal (Brigate della Resistenza Libanese) guidato sempre da Musa al-Sadr.


Da una parte, la Rivoluzione islamica iraniana del 1979, dall’altra, le invasioni israeliane del Libano del 1978 e del 1982 favorirono l’organizzazione di questi movimenti in gruppi di resistenza armata. Si stabilirono contatti continui tra Amal nel sud del Libano, Al-Dawa e gli sciiti irakeni delle città di Najaf e Kerbala ed i gruppi sciiti della resistenza iraniana uniti dalla leadership carismatica di Khomeini. Nel 1979, quadri radicali di Amal, tra cui Hasan Nasrallah, attuale segretario generale di Hezbollah, e Abbas al-Musawi, trasferitosi dall’Iran nella regione della Bekaa, fondarono il “Comitato di supporto alla Rivoluzione islamica”, nucleo originario di Hezbollah, il partito di Dio. Tufayli fu il primo segretario generale del movimento, ispirato alla leadership carismatica degli ayatollah Khomeini e Fadlallah, due tra le maggiori fonti di ispirazione ideologica dell’Islam sciita.



Dalla guerra civile agli accordi di Taif (1975-1989)

Nel 1948 in Libano erano presenti 150.000 profughi palestinesi. Il numero è andato crescendo rapidamente in seguito ai nuovi rifugiati prodotti dal conflitto arabo-israeliano del 1967, dal “settembre nero” del 1970, quando la Giordania attaccò duramente i campi profughi palestinesi presenti sul suo territorio e per crescita demografica. Nei primi anni ’70, i campi profughi palestinesi nei dintorni di Beirut e nel sud del Libano ospitavano così circa 300.000 palestinesi. La presenza di palestinesi sunniti metteva in discussione il sistema confessionale libanese. In più si trattava di una comunità molto politicizzata. Dopo la creazione dell’Olp nel 1964 i campi libanesi divennero, infatti, luoghi di addestramento militare e dal 1968 basi per operazioni contro Israele.


Nel 1975 scoppiò la guerra civile libanese. Le comunità libanesi si scontrarono sulla libertà d’azione palestinese. I palestinesi ebbero il sostegno di Hezbollah, Amal e del Movimento Progressista del druzo Walid Jumblat mentre i cristiano maroniti ed i gruppi armati vicini al Partito Falangista e a Samir Geagea cercarono di limitare le azioni palestinesi.


Gli interventi di Israele e Siria contribuirono ad acuire lo scontro interno e ad inasprire le divisioni interconfessionali. Da una parte, la prima invasione israeliana del 1978 ed i terribili massacri dei campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila, durante la seconda invasione del 1982, rafforzarono la resistenza armata dei gruppi sciiti, sunniti e druzi. Dall’altra, l’intervento siriano nella guerra civile libanese fu, in un primo momento, a favore delle comunità musulmane sciite e sunnite, in un secondo, a favore dei cristiano maroniti per equilibrare le forze sul campo e limitare l’influenza israeliana presso questa comunità.


D’altra parte, la comunità sciita libanese prese strade distinte. Da una parte, Amal ed il suo leader Nabih Birri, attuale presidente del Parlamento, parteciparono per la prima volta al governo libanese, dall’altra, Hezbollah si affermò come maggiore forza di opposizione armata grazie alla formazione nel febbraio del 1985 della Resistenza Islamica, ala militare del movimento. Inoltre, Hezbollah consolidò la sua struttura organizzativa. Venne formato, infatti, un Consiglio consultivo composto da sette membri a cui si aggiunsero vari Consigli regionali. Hezbollah ottenne finanziamenti e sostegno militare dalla nascente Repubblica Islamica d’Iran e dal regime baathista siriano.


Gli accordi di Taif dell’ottobre del 1989, appoggiati da Stati Uniti, Siria ed Arabia Saudita, avviarono il conflitto civile libanese verso una soluzione. Gli accordi prevedevano un’uguale rappresentanza per cristiani e musulmani in un Parlamento allargato ed una riduzione dei poteri del presidente a favore del primo ministro e del presidente del Parlamento. Legittimavano, inoltre, la presenza siriana in Libano permettendo ad Hezbollah di mantenere in vita la componente armata. Nonostante ciò Hezbollah guardò con sospetto agli accordi di Taif definendoli “una timida riforma che non tocca la sostanza dei privilegi del sistema confessionale”, […] “una ripetizione dell’errore storico del 1943, il fattore principale che ha determinato la disintegrazione e la distruzione dello stato libanese”.


Nel 1990 è stata approvata la nuova Costituzione libanese sulla base degli accordi di Taif mettendo fine a 15 anni di guerra civile ed avviando il paese alle prime elezioni dopo più di venti anni.



Dalla partecipazione politica al ritiro siriano

Nel 1991 Al Musawi è stato nominato segretario generale di Hezbollah. Egli ha avviato un processo di apertura alla partecipazione politica del movimento. Nel febbraio del 1992 Abbas Musawi, sua moglie e suo figlio sono stati assassinati da un attacco mirato dell’esercito israeliano. Subito dopo, Hassan Nasrallah è stato nominato segretario generale di Hezbollah. Nel 1992 Hezbollah ha partecipato alle prime elezioni dopo la guerra civile. Il programma politico del movimento prevedeva la liberazione del Libano dall’occupazione israeliana, l’abolizione del sistema confessionale, una nuova legge elettorale più rappresentativa delle divisioni della popolazione, libertà politica e dell’informazione, riforme sociali ed amministrative. E’ stato avviato, poi, un dialogo stabile con le altre comunità libanesi. E’ stata aperta la TV al-Manar e sono stati intensificati i contatti con Israele per lo scambio di prigionieri detenuti nelle carceri libanesi ed israeliane. Alle elezioni parlamentari del 1992 Hezbollah ha ottenuto otto seggi a cui devono esserne aggiunti quattro di gruppi alleati. Questi numeri gli hanno permesso di essere il maggior gruppo del nuovo Parlamento libanese. Alle elezioni del 1996 Hezbollah ha ottenuto nove seggi, due dei quali di gruppi alleati. Nel 1997, la dimensione nazionale del movimento ottenuta grazie alla partecipazione politica è stata rafforzata con la formazione delle Brigate libanesi multiconfessionali, composte dall’ala armata di Hezbollah e da soldati delle altre comunità libanesi.


D’altra parte nel 2000, il primo ministro israeliano, Ehud Barak ha disposto il ritiro israeliano unilaterale dal sud del Libano lungo un confine arbitrario, “blu line”, ma ad eccezione delle fattorie di Sheeba. Si tratta di una fetta di territorio libanese di 45 km², secondo le autorità israeliane parte delle alture del Golan e quindi territorio siriano. Secondo dichiarazioni delle autorità siriane, le fattoria di Sheeba appartengono al Libano. Tuttavia, l’occupazione israeliana di questo piccolo territorio ha permesso ad Hezbollah di considerare non conclusa la lotta contro l’occupazione israeliana.


Alle prime elezioni politiche dopo il ritiro israeliano nel 2000, Hezbollah ha ottenuto 12 seggi ed il più alto numero di voti nel paese. Hezbollah ha ottenuto, poi, importanti affermazioni alle elezioni municipali del 1998 e del 2002 confermando il suo radicamento sul territorio.


La Risoluzione 1559 del settembre del 2004 ha disposto “il ritiro delle truppe straniere dal Libano ed il disarmo delle milizie libanesi e non”. Inoltre, l’assassinio dell’ex primo ministro Hariri nel febbraio del 2005 ed i sospetti di un coinvolgimento siriano hanno spinto la popolazione libanese a chiedere con forza il ritiro siriano dal Libano. Anche Hezbollah ha organizzato manifestazioni parallele di cordoglio per la morte di Hariri brandendo bandiere libanesi. Il successivo ritiro siriano è stato salutato da Hezbollah con manifestazioni di “gratitudine” verso al Siria e le richieste al governo libanese di mantenere stabili contatti con quel paese.


Alle elezioni politiche del 2005, Hezbollah ha ottenuto 14 seggi. E’ stato nominato primo ministro Fouad Siniora, vicino all’ex primo ministro Hariri, appoggiato dal “fronte del 14 marzo”, movimento nato sulla scia delle manifestazioni dell’anno precedente e sostenuto da cristiani, sunniti, druzi e dalla comunità internazionale, primi fra tutti Stati Uniti ed Unione europea. “Il fronte” ha ottenuto un’ampia maggioranza parlamentare nonostante l’assenza di una rete organizzativa consolidata. Inoltre, in seguito al ritiro siriano, è rientrato in Libano il generale Michel Aun, uno dei protagonisti della guerra civile, leader del governo militare formato nel 1988 ed allontanato dal paese nel 1990. Questi ha fondato il Partito per le Riforme ed il progresso, appoggiando Hezbollah ed ottenendo un buon successo elettorale. D’altra parte, lo stesso Siniora ha manifestato aperture verso Hezbollah e non ne ha domandato il disarmo. Hezbollah è entrato a far parte così del nuovo governo di unità nazionale con il Ministro del lavoro Hamadè, ed il Ministro dell’energia, Fnaysh. In seguito al ritiro siriano, la divisione in un fronte pro-siriano, guidato da Hezbollah, ed uno anti-siriano, composto da cristiani, sunniti e druzi, è stato apparentemente superato. Si sono creati i presupposti per un dialogo nazionale con lo scopo di riformare il sistema confessionale dai risultati ancora incerti.



Hezbollah: ideologia e prassi politica

Hezbollah fa del nazionalismo libanese e della lotta alle disuguaglianze sociali punti essenziali di lotta politica. Hezbollah, come movimento autenticamente libanese, si è affermato soprattutto in seguito alla fine della guerra civile libanese e alla morte di Khomeini. In realtà, l’uniformità ideologica tra Rivoluzione islamica iraniana e Resistenza islamica libanese è stata gradualmente messa in discussione sin dalla fine degli anni ’70 per le peculiarità dello stato libanese.


Tuttavia, fino alla scomparsa di Khomeini, il discorso politico del movimento libanese è quasi completamente sovrapponibile con l’ideologia islamica rivoluzionaria. Uno dei punti in comune tra Hezbollah, khomeinismo e altri gruppi sciiti operanti nella regione è la dura e completa opposizione all’occupazione israeliana della Palestina. A questo si aggiunga, da una parte, l’opposizione agli Stati Uniti come forma di lotta più generale al colonialismo ed al sionismo. Dall’altra, una dura critica del marxismo e dei movimenti di ispirazione socialista. Questi gruppi sciiti appoggiano, invece, la formazione di uno stato islamico sul modello iraniano di velayat-e faqih. Esiste, poi, una retorica anticoloniale propria di Hezbollah di opposizione ai cristiano-maroniti e alla presenza francese in Libano che è molto importante nei primi anni di esistenza del movimento.


Con la fine della guerra civile, gli accordi di Taif, sebbene salutati con scetticismo, permettono ad Hezbollah di mantenere in vita la componente armata del movimento. Inoltre, la morte di Khomeini e la lotta interna alle fazioni delle città sante sciite di Qom, Mashad in Iran e di Najaf e Kerbala in Iraq che porta alla nomina di Khamene’i come Guida Suprema contribuiscono alla trasformazione ideologica del movimento libanese. Sebbene Hassan Nasrallah manifesti pubblicamente la propria vicinanza ideologica al nuovo leader iraniano, la formazione di uno stato islamico sembra scomparire dagli obiettivi del movimento. Anzi l’infitah ovvero l’apertura alla partecipazione politica, promossa dal partito implica, da una parte, il confronto diretto con l’occupazione israeliana del Libano e, dall’altra, l’integrazione politica e la partecipazione elettorale.


La partecipazione alle elezioni del 1992 definisce Hezbollah come forza di dialogo e cooperazione con le altre comunità confessionali libanesi. L’ala armata del movimento dichiara, poi, conclusa la lotta armata nelle aree interne del paese. Hezbollah esprime una dura opposizione al sistema confessionale per una più equa distribuzione delle forze parlamentari. La “normalizzazione” del movimento porta, inoltre, all’inclusione di cristiani e sunniti tra gli eletti nelle liste del movimento e alla formazione delle Brigate libanesi multiconfessionali.


Hezbollah negli anni ’90 appare un movimento completamente autonomo dalla Rivoluzione islamica e dalla leadership iraniana impegnato in una più generale politica di secolarizzazione. Mutano gli slogan. Non più “la Rivoluzione islamica in Libano” ma la “Resistenza Islamica in Libano”, il giornale settimanale cancella, poi, i volti di Khomeini e Khamene’i, infine, tutti i simboli religiosi sciiti nelle aree cristiane vengono rimossi.


Non solo Hezbollah non si propone come alternativa allo stato libanese ma diviene una forza di modernizzazione e di riforma. Prima di tutto, Hezbollah propone riforme economiche ed amministrative sostanziali. Il movimento si batte per far riconoscere maggiori autonomie alle municipalità al fine di migliorare servizi sociali ed educativi. Propone un piano generale di riforme economiche contro la corruzione, l’inefficienza e per lo sviluppo delle aree periferiche di Beirut e della Beka. L’opposizione tra “oppressi e oppressori” viene efficacemente promosso come slogan politico. Inoltre, l’uso di reti civili e ong locali per superare le disuguaglianze sociali dovute al sistema confessionale libanese conferiscono ad Hezbollah un nuovo volto politico.


Hezbollah, oggi, appare un movimento sciita libanese con un’ideologia politica ed una strategia autonome rispetto ad altri movimenti sciiti in Medio Oriente. Sebbene sia la Siria che l’Iran sostengano Hezbollah con finanziamenti ed infrastrutture, questo agisce in una logica di completa indipendenza d’azione.


Tuttavia, il Medio Oriente ridisegnato dalle guerre statunitensi contro Afghanistan (2001) ed Iraq (2003) ha rafforzato i legami tra i gruppi sciiti della regione. Si è così riproposta l’alleanza tra sciiti libanesi, sciiti irakeni ed il nuovo messaggio iraniano rivoluzionario rafforzato dall’aumento del prezzo del petrolio e dai discorsi radicali del presidente Ahmadinejad. Tutto ciò, in un contesto più generale di nuovo vigore anche per gruppi legati all’Islam sunnita. In particolare, l’importante affermazione dei Fratelli musulmani in Egitto, la vittoria di Hamas in Palestina ed i risultati delle consultazioni in Arabia Saudita e Bahrein sono segni di una generale rinascita di movimenti di ispirazione religiosa in Medio Oriente.



Hezbollah e il terrorismo

Il primo attacco suicida di Hezbollah è del 1982. Ahmad Qasir si fece esplodere nel quartier generale israeliano di Tiro provocando la morte di 76 militari israeliani. Qasir fu considerato un “martire” ed il primo di una serie di attacchi armati contro obiettivi militari israeliani.


Gli Stati Uniti hanno inserito Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche del Dipartimento di Stato . Hezbollah viene accusato di aver partecipato agli attacchi all’ambasciata americana nel 1983 e contro il quartiergenerale della forza multinazionale francese a Beirut. Hezbollah è accusato, inoltre, di vari rapimenti di occidentali in Libano, di aver partecipato alla crisi degli ostaggi nell’Ambasciata degli Stati Uniti in Iran del 1979 e agli attacchi all’Ambasciata ed al centro culturale israeliano a Buenos Aires nel 1990. L’Fbi pone, poi, Imad Mughnyah, Hassan Izn al-Din, Ali Atwa, presunti affiliati di Hezbollah, nella lista dei ricercati per terrorismo accusandoli di aver partecipato al dirottamento del volo Twa 847 nel 1985.


L'Unione Europea non considera Hezbollah come un movimento “terrorista”. Tuttavia, il Parlamento europeo ha adottato il 10 marzo 2005 una risoluzione, non vincolante, che di fatto accusa Hezbollah di aver condotto “attività terroriste”. Il Consiglio d'Europa ha, poi, accusato Imad Mughiyah di essere membro di Hezbollah e di terrorismo.
L'Onu, la Francia, l'Italia, la Germania e la Spagna, pur esprimendo critiche nei confronti di Hezbollah, non lo considerano una “organizzazione terrorista” e lo hanno riconosciuto come un interlocutore politicamente legittimo.


Tuttavia, non esistono prove che confermino le accuse del Dipartimento di Stato. Fino al 2000, tutte le operazioni armate del movimento sono riconducibili alla resistenza contro l’occupazione israeliana del sud del Libano. Inoltre, dal 1992, anno di partecipazione alle elezioni politiche e di apertura al dialogo nazionale, qualsiasi azione contro le altre comunità confessionali libanesi è stata rimossa dagli obiettivi dell’azione militare del movimento. Dopo il ritiro israeliano del 2000, Hezbollah ha fatto ricorso soprattutto alla cattura di ufficiali e militari per aprire trattative con il governo israeliano per lo scambio di prigionieri.


Pertanto, qualsiasi coinvolgimento di Hezbollah con il terrorismo internazionale appare una forzatura. La strategia armata di Hezbollah punta, infatti, alla distinzione tra una strategia jihadista permessa (halal) ed una proibita (haram). Sono parte della prima gli attacchi armati di resistenza contro la presenza israeliana mentre parte della seconda tutti gli attacchi riconducibili al terrorismo internazionale.


Oggi, l’ala armata di Hezbollah conta, secondo fonti francesi, tra i 500 e gli 800 uomini e tra i 3000 e i 3500 affiliati. Le azioni dell’avanguardia sono soprattutto di guerrilla sebbene esista un arsenale militare di razzi katiusha ed altri armamenti forniti principalmente dall’Iran e dalla Siria.



La nuova guerra israelo-libanese

Il 12 luglio 2006 l’uccisione di otto soldati israeliani e la cattura di due da parte di Hezbollah ha causato un’imprevista reazione israeliana. Il sequestro di militari israeliani rientra in una strategia consolidata del movimento sciita libanese. Sin dall’inizio dell’anno Hasan Nasrallah aveva minacciato il sequestro di militari israeliani qualora non fossero stati liberati almeno alcuni tra i prigionieri libanesi presenti nelle carceri israeliane. Tra questi Samir Canter, attivista comunista rapito nel 1977, Tehya Skaff, druzo arrestato nel 1984 e Passim Nisr arrestato nel 1994, oggetto già nel 2004 di una trattativa fallita con intermediazione tedesca.


In seguito al rapimento del 12 luglio, per più di un mese l’esercito israeliano ha bloccato i confini terrestri, marini ed aerei del Libano e ha bombardato le città di Tiro, Sidone, Dweir, Bafluy, l’aereoporto di Beirut e molti quartieri della capitale, la strada che collega Beirut e Damasco, case, ponti ed infrastrutture civili. Hezbollah ha risposto con lanci di razzi katiusha nelle città israeliane di Haifa, Nahariya, Safed, Nazareth e Tiberiade. L’esercito israeliano guidato dal generale Dan Halutz si è spinto con forze di terra all’interno dei confini libanesi raggiungendo il villaggio di Maroun al Ras sino a Bint Jbeil, teatro di duri combattimenti.


La comunità internazionale, riunita ala Conferenza di Roma del 26 luglio 2006 non ha raggiunto un accordo per il cessate il fuoco immediato del conflitto. Mentre vari governi occidentali hanno sottolineato la “sproporzionalità” della reazione israeliana all’operazione di Hezbollah, gli Stati Uniti hanno sostenuto, invece, il diritto israeliano di difendersi da attacchi terroristici concedendo di fatto ulteriore tempo alla prosecuzione delle ostilità.


Gli obiettivi dell’attacco israeliano sembra siano stati il disarmo di Hezbollah, l’eliminazione della leadership del movimento ed il suo ridimensionamento. Gli attacchi sono proseguiti incessantemente per 34 giorni. In particolare, il 30 luglio 2006 la terribile strage di Cana ha provocato la morte di almeno 37 libanesi. Nei giorni successivi l’esercito israeliano è penetrato in territorio libanese fino ad Aita al Chaab, Haret Hreit e Bir Al-abed mentre veniva proposto dal Ministro della Difesa Peretz, dal capo dell’esercito Dan Halutz e dal primo ministro Ehud Olmert un piano di estensione del conflitto per spingere Hezbollah e le sue milizie a 30 Km a Nord dalla linea del confine libanese.


L’11 agosto 2006 dopo lunghe trattative è stato raggiunto un accordo al Consiglio di sicurezza dell’Onu per l’adozione all’unanimità della risoluzione 1701. La risoluzione fa riferimento alla cessazione completa delle ostilità chiedendo la cessazione immediata degli attacchi di Hezbollah e di tutte le operazioni militari offensive di Israele. La risoluzione, inoltre, afferma che non sono ammesse forze straniere in Libano senza il consenso del suo governo, non è ammessa la vendita o l’offerta di armi e altro materiale al Libano ad eccezione di quello autorizzato dal suo governo, dispone, poi, la consegna alle Nazioni Unite da parte di Israele delle mappe sulla presenza di mine nella regione. Inoltre, si tenta di rafforzare il mandato della missione Unifil, che ha avuto inizio nel 1978 anno della prima invasione israeliana del Libano, passando da una dotazione di 2000 ad una di 15000 uomini.


Il mandato della missione Unifil 2 parla del monitoraggio della cessazione delle ostilità, di accompagnare e sostenere il dispiegamento dell’esercito libanese nel Libano meridionale e lungo la “blu line” ed il ritiro israeliano, di fornire assistenza umanitaria, assistere le forze armate libanesi a stabilirsi tra il confine israeliano ed il fiume Litani in un’area libera da personale armato ed armi diverse da quelle controllate dal governo libanese e dall’Unifil. Tuttavia, il governo libanese non ha chiesto ad Hezbollah di disarmare ma solamente di non mostrare armi in pubblico. D’altra parte, la possibile integrazione dell’ala armata di Hezbollah nell’esercito libanese porrebbe gravi problemi di stabilità dell’esercito stesso composto, secondo fonti militari, già soprattutto da soldati parte della comunità sciita.


L’esercito israeliano ha cessato le operazioni militari offensive il 14 agosto 2006 dopo l’intensificazione dei combattimenti. Il cessate il fuoco è stato rispettato da entrambe le parti ad eccezione di alcuni incidenti.


La guerra ha causato quasi 1200 morti e 4000 feriti libanesi mentre 800.000 persone sono sfollate o hanno lasciato il paese. Israele ha contato 156 morti, 117 soldati e 39 civili. Danni gravissimi, stimati dal governo libanese in 3,5 miliardi di dollari, sono stati inflitti alle principali città ed infrastrutture libanesi. Kofi Annan, segretario generale delle Nazioni Unite, ha accusato Israele di aver usato armi a frammentazione.
Hezbollah ha dichiarato di aver vinto il conflitto e costretto Israele al ritiro. Secondo l’International Crisis Group , in seguito al conflitto il movimento sciita libanese ha aumentato i suoi consensi sia tra le comunità libanesi che nel mondo arabo. Infatti, da una parte, Israele non ha ottenuto i risultati previsti, dall’altra, Hezbollah si è dimostrato capace di mettere in difficoltà l’esercito israeliano. L’opinione pubblica israeliana, quasi unanimemente favorevole allo scoppio delle ostilità, ha espresso dure critiche sull’efficacia delle operazioni del governo Olmert e dell’esercito israeliano che causeranno possibili ripercussioni interne.



Giuseppe Acconcia
affarinternazionali.it

Testi consigliati


The near east since the first world way, Second Edition M.E. YAPP, Longman London and New York (1995)


The shifts in Hizbullah’s ideology, religious ideology, political ideology, and political program, Joseph Alagha, Amsterdam University Press (2006)


Le Hezbollah, méthode, experience, avenir, Naim Qassem (2004)




Siti consigliati


www.crisisgroup.org


www.dailystar.com.lb


www.merip.org

Nessun commento:

Posta un commento