domenica 3 luglio 2011

Quanto è alto Nero Wolfe?

Quanto è alto Nero Wolfe?

L’unghia che entrava nella carne del mio dito
veniva curata ogni giorno con acqua e sale,
filamenti bianchi lunghi sguazzavano nella piccola conca blu,
la pelle bagnata era libera da un peso, il dito respirava,
ma il liquido giallo fluorescente crostoso
di un intenso odore di cicatrice
ricompariva pochi minuti dopo,

fu in una di quelle notti che avvistammo
il cadavere di un uomo alto, coperto da foglie, sulla salita vicino casa,
sospeso sulla terra con un cappello,
nessun segno di colluttazione,
ma le ferite della pelle, come di Marina de Van,
squarciavano le sue gambe.

Poco prima era stato visto in un bar
senza gabinetto dietro alla stazione di Bologna,
buio, frequentato soprattutto da chi spazza, banconi pieni di pane,
sul fondo il rumore di una diligenza formata da carrozze sconnesse,
aperte e con due passeggeri, insospettabili:
“bread”, cantante dalla faccia sfigurata come fette di pane,
e una donna trafitta da frecce che ne attraversavano la carne senza ucciderla,
entrambi avevano appena assistito alla salita
di una cosca di uomini malfattori alla tavola alta della Mafia.
Pare che l’uomo sia entrato nel bar per pochi minuti
e per due battute azzeccate abbia ottenuto in regalo
una bottiglia di vino della Valpolicella, ancora intatta nelle sue tasche.

Poco prima era stato visto in un retrobottega
mentre amava una donna ninfomane
e veniva travolto dal suo ardore
con il suono di una chitarra
ed una voce impaurita e stentata a vibrare sulle corde,
immersi in un’estasi profonda
sfondarono le doghe del letto
mentre la donna moriva di febbre gialla a trent’anni.

Quella stessa sera fu visto su uno schermo
tra le vie di Ocklahoma City mentre interpretava Rusty James.
I ponti della città diventavano templi.
Padre e figli giocavano su un letto,
coinvolti in un’orgia sublime,
piccoli specchi riflettevano la scena.

Nel pomeriggio fu visto mentre chiedeva lavoro
a vecchi signori che lo scoraggiavano a vivere
mentre lui si sforzava di mostrare perfetto piglio anglosassone,
tradito da vaghi tentennamenti
e dal dubbio che nessun ufficio fosse fatto per lui.

Uno dei vecchi raccontò che quel ragazzo,
“le visiteur du soir” lo chiamò,
aveva il volto di chi strappa le foglie per strada,
che di per sé non vuol dire niente,
ma che lui associava a chi vuole giocare non lavorare,
a chi vuole vivere senza tempo,
“persino la quotidianità precisa dei giornali era forse per lui un’oppressione”,
a chi vorrebbe essere espansivo, ma si ferma per reticenza altrui,
a chi sarebbe morto solo se lo avesse deciso lui stesso.
Evidentemente il vecchio non aveva capito granchè
vista la morte improvvisa dell’uomo.

Attorno a noi la folla cominciava ad arrivare
e le storie più assurde percorrevano le labbra:
una finestra lasciata aperta per trent’anni
avrebbe provocato la morte del giovane
oppure il pugnale amichevole
del fratello di infanzia avrebbe colpito alle spalle.
Da quel giorno, cresceva un bambino
nel mio petto destro. Sentivo formarsi
le prime radici dei suoi nervi duri e la pelle liscia del suo volto.


1,2,3, liberi tutti!, 2007
Giuseppe Acconcia

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