sabato 9 luglio 2011

Gomorra

Gomorra, il teatro civile di Saviano


“Gomorra”, adattamento teatrale del celebre libro di Roberto Saviano, è in scena al teatro Stabile Mercadante di Napoli fino al 18 novembre per la regia di Mario Gelardi. “Ci sono luoghi e situazioni - scrive Saviano - dove non è possibile pronunciare dei nomi, dove il solo fare il proprio lavoro inizia ad essere un elemento che espone al pericolo. Dove ciò che dovrebbe essere semplice come indicare un errore, segnalare un disastro, decidere di denunciare o soltanto dirlo, chiederlo, pretenderlo, comporta sacrificio. Rischio. Fuga. Pericolo di morte. Questo accade in Italia.”
Come la ricostruzione della tavolata della Mafia di Emma Dante in “Cani di bancata” ha riprodotto le piccole relazioni individuali che assurgono a comportamenti nazionali, così “Gomorra” restituisce chiarezza al fenomeno malavitoso inserendolo nelle attitudini quotidiane di affiliati ad ogni livello dei clan camorristici. Saviano (Ivan Castiglione), muovendosi a Casal di Principe sulle tracce degli affari del clan dei Casalesi alla ricerca di una verità talmente manifesta da essere continuamente negata, osserva le azioni di imprenditori, sarti (Ernesto Mahieux), piccoli teppisti (Adriano Pantaleo) e spacciatori (Francesco Di Leva). Così i dati del degrado della città di Napoli e la cruda contabilità dei 3700 morti per camorra dal 1979 riportano alla luce il marcio calpestato e taciuto. Il porto di Napoli diventa il centro del mercato nero nella periferia d’Europa, l’incrocio degli affari delle merci cinesi e dei traffici di droga. Mentre i confini dei clan malavitosi si dilatano verso Scozia, Spagna e Polonia, l’ambiente cittadino decade a scenario immutabile di piloni e di cemento, usati per opere eternamente incompiute, che nascondono rifiuti tossici, provenienti dalle regioni del nord, anche nel fetore delle discariche della carta usata in Veneto per “pulire le mammelle di vacca dopo la mungitura”.
“Mi resi conto che avevo la possibilità - dichiara Saviano - non soltanto di guardare il vicolo, il territorio, la provincia, la camorra, ma, attraverso la feritoia del crimine, di guardare l’intera economia e l’intero mondo.” I due livelli, quello microscopico delle piccole aspettative di un ragazzo, di un sarto, di uno scrittore, coinvolti in meccanismi intoccabili loro malgrado e per pura necessità, si mescolano agli interessi globali di boss spregiudicati, veri economisti, che del crimine fanno un’impresa legata a precise logiche di mercato. L’uso del dialetto, come lingua comune della tragica quotidianità, restituisce al napoletano la forza drammatica spesso resa caricatura altrove. I movimenti degli attori riproducono la prepotenza ossessiva dei piccoli camorristi che rimuovono nella passione per le armi e nella consapevolezza della morte i canti neomelodici che più li coinvolgono.
“Gomorra” scatta una fotografia talmente cruda e senza precedenti sullo stato dei clan camorristici e sulle loro infiltrazioni ad ogni livello da mantenere evidente efficacia anche nella schematica riduzione teatrale.

Giuseppe Acconcia
La Sicilia, 2007

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