giovedì 2 giugno 2011

Banana Yoshimoto al Teatro Festival di Napoli




Al teatro San Ferdinando è andata in scena “Chien-chan e io”, prima assoluta del “Napoli teatro festival”. Giorgio Amitrano ha adattato l’ultimo libro dell’ormai nota scrittrice giapponese Banana Yoshimoto, autrice di “Kitchen”. Vengono presentati gli episodi della vita quotidiana di Kaori, una quarantenne alle prese con le insicurezze e i vizi di una vita globalizzata. Attraverso il racconto dell’incidente accorso a Chien-chan, la sua coinquilina, la protagonista ammette quanto sia forte l’affetto che la lega a questa donna. L’amore che le unisce, sebbene sia strettamente platonico, sostituisce il sentimento per un uomo. La costruzione di una famiglia non convenzionale le permette di superare l’insicurezza dei mille spostamenti in giro per il mondo, il giudizio degli altri, l’egocentrismo degli uomini, di esseri senza radici e ancora bambini. “Per rendere in teatro un testo dove i personaggi sono pochi e hanno poche battute- dice il regista Giorgio Amitrano-, ho cercato una soluzione che non sacrificasse il flusso di pensieri della narratrice che nel romanzo è tutto, restituendo questo stream of consciousness in una forma diversa da un monologo”. Per rendere il più teatrale possibile il testo di Banana Yoshimoto la protagonista viene sdoppiata in quattro donne distinte dal look comune, che incarnano stati d’animo divergenti in contesti simili. Caterina Carpio, Alessia Giangiuliani, Pia Lanciotti, Cinzia Spanò, tra piatti di cucina giapponese, vini italiani, un arredamento minimalista e immagini video di Napoli e dell’Italia, raccontano le sensazioni e le emozioni di una donna incerta, ma appassionata. L’amore per l’Italia è una costante dei pensieri di Kaori, che però in nessun caso decide di lasciare il suo Paese per ricostruire una nuova sé nella terra che l’attira. I luoghi comuni delle reti di relazioni che costruiscono una “società mondo” vengono contrapposti in ogni momento alle insicurezze che questa vita comporta. I “non luoghi” del capitalismo vengono lasciati fuori casa, rifugio in cui la realtà si adatta alle necessità individuali.

Giuseppe Acconcia,
La Sicilia, 2008

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