domenica 22 maggio 2011

Il Grande Inquisitore. Peter Brook

Il teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo apre la nuova stagione 2007/2008 proponendo “Il Grande inquisitore”, testo di enorme spessore di uno dei più importanti registi europei Peter Brook. Tratto da un frammento de “I fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij, è il discorso di un giudice di fronte al nuovo avvento di Cristo nella Spagna del XVI secolo. In un’epoca di terribili persecuzioni contro gli eretici, dopo essere sceso tra la gente, Cristo è di nuovo accusato ed arrestato per aver risvegliato negli uomini coscienza e libero arbitrio. Sulla scena un giovane (Joachim Zuber) ascolta in silenzio mentre il vecchio inquisitore (Bruce Myers) descrive la lenta correzione della libertà concessa da Cristo all’uomo ad opera di un’oligarchia universale. Lo fa riproponendo le tre tentazioni del deserto a cui Gesù fu sottoposto. Egli rifiutò di trasformare le pietre in pane poiché “l’uomo non vive di solo pane”. Così non volle che l’umanità lo seguisse solo per necessità. Un gruppo di eletti ha corretto questo assunto dando all’uomo ciò di cui cibarsi. “Ma non capisci che i secoli passeranno e l’umanità proclamerà che non esiste il delitto e nemmeno il peccato, ma vi sono soltanto degli affamati? Noi allora li nutriremo in tuo nome”. A questo punto, l’inquisitore aggiunge che l’uomo ha bisogno di “consegnare a qualcuno il dono della libertà”. Gesù, rifiutando di adempiere alla seconda tentazione che gli chiedeva di salvarsi nella caduta dal dirupo, aveva tolto all’uomo il miracolo. “Ma tu non sapevi che appena l’uomo respinge il miracolo, respinge con questo anche Dio, poiché l’uomo cerca Iddio quanto il miracolo; quando resta senza miracolo si sente debole e crea a sé nuovi miracoli e s’inchina davanti ai maghi e alle streghe, sia pur egli cento volte ribelle, eretico ed ateo”. Infine, l’inquisitore gli rimprovera di aver rifiutato la spada di Cesare. “Quanto tu avessi accettato il mondo, e la porpora di Cesare, avresti potuto fondare un regno universale, assicurando a tutti la pace. Noi prendemmo la spada di Cesare, e naturalmente prendendola, ti respingemmo e passammo a lui. Vi sono sulla terra tre forze uniche, capaci di vincere e di piegare la coscienza di questi deboli ribelli, per loro felicità, e queste tre forze sono: il miracolo, il mistero e l’autorità.” L’inquisitore sostiene che in questo modo sarà creata la felicità per uomini sottomessi a cui verrà concesso il pane soltanto come frutto del loro lavoro, a cui sarà permesso di peccare limitatamente al tempo libero, così, incapaci di giudicare sul bene e sul male, milioni di persone vivranno felici tranne alcune migliaia di oligarchi, custodi della verità, che, mantenendo il loro segreto, vivranno infelici.   
La scena semplice richiama la struttura del teatro di parola a cui il regista inglese fa riferimento. Bruce Myers, ha una forza interpretativa unica. Recitando in inglese con sopratitoli in italiano, dimostra le sue doti espressive, gestuali e di padronanza dello spazio grazie alla formazione shakespeariana acquisita alla Royal Academy of Dramatic Art. “Il Grande inquisitore” è uno dei testi proposti da Peter Brook al Centre International de Création Théâtral, da lui fondato a Parigi nel 1971, e messo in scena nel Théâtre des Bouffes du Nord da lui diretto. “In un’epoca in cui le dicotomie che hanno retto il mondo si sono dileguate - sostiene Brook - forse l’atteggiamento migliore è quello espresso dal Cristo di Dostoevskij, che fa prevalere sulla discussione l’azione e l’esperienza diretta.”

La Sicilia, 2007
Giuseppe Acconcia


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